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JOURNAL OF EURO ASIA TOURISM STUDIES

VOLUME III – December 2022
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Cultural Heritage and New Technologies for the Tourist Enhancement of Cities

Premessa

Tra i settori maggiormente implicati nell’attuale competizione territoriale, che da anni coinvolge le città su scala globale (Jensen-Butler, 1999; Turok, 2004), un ruolo di primo piano, è ricoperto dal turismo, in forte ascesa da decenni, e che nel solo 2019 ha registrato oltre 1,4 miliardi di arrivi internazionali (UNWTO, 2020). A partire dal 2020, con la progressiva diffusione del Covid-19, il turismo globale ha subito un brusco arretramento, preludio di una crisi senza precedenti (OECD, 2020; Gabarda-Mallorquí & Fraguell, 2020). La proclamazione dello status di pandemia da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha imposto l’adozione di indispensabili misure di contenimento del virus in tutte le destinazioni turistiche, determinando impatti negativi sul piano socioeconomico e occupazionale (Giuntarelli, 2020; Folinas & Metaxas, 2020; UNCTAD, 2020).

Tra le mete maggiormente colpite dalla crisi pandemica, le città, e in particolare le “città d’arte”, che, soprattutto in Italia, rappresentano i principali attrattori per i turisti stranieri (Fondazione Symbola et al., 2017), per riaffermarsi sui mercati turistici sono chiamate a rivedere il proprio sistema di offerta in modo competitivo, sostenibile e in sicurezza.

A tal proposito occorre segnalare che in un’ottica di riposizionamento proprio il fattore sicurezza rappresenta una variabile irrinunciabile per il turista post Covid-19 ma la capacità di soddisfare le sue esigenze di safety and security dovrebbe contemplare un più efficiente utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) da parte delle regioni di incoming (Mariotti, Camerada, & Lampreu, 2020). Le TIC andrebbero, per questo, maggiormente estese ai sistemi di gestione, valorizzazione e promozione delle risorse culturali con un approccio sistemico e data-driven.

Una più incisiva pervasività delle tecnologie sarebbe, infatti, capace di riflettersi positivamente sulle condizioni di accessibilità in sicurezza dei luoghi della cultura e dei beni storico-artistici, con notevoli benefici relativamente alla diffusione di informazioni e ai sistemi di prenotazione, contingentamento degli ingressi e tracciabilità dei flussi, al monitoraggio di eventuali situazioni di emergenza, ecc.

Per tali ragioni, la crisi attualmente in corso potrebbe rivelarsi un’occasione unica per ricalibrare modelli di fruizione turistica superati o ritenuti addirittura insostenibili, anche se il raggiungimento di risultati apprezzabili nel medio-lungo periodo dovrebbe essere condizionato all’adozione di policy capaci di mettere al centro una rinnovata e innovativa riproposizione del patrimonio culturale, anche ai fini turistici. Ciò consentirebbe di andare oltre il concetto di città smart o di città turistica in senso massificato per abbracciare quello più ampio di destinazione turistica intelligente, sostenibile e sicura, certamente più rispondente ai bisogni tanto dei turisti quanto dei residenti.

Sulla base di queste premesse, il presente lavoro intende evidenziare il peso del cultural heritage nella definizione della smartness urbana e dei processi di promozione e rilancio turistico delle città.

In relazione alla struttura dell’articolo, il paragrafo 2 fa sintesi del percorso che ha portato alla nascita del concetto di destinazione turistica intelligente a partire da quello di Smart City; il paragrafo 3 esamina i principali indici utilizzati internazionalmente per misurare la smartness urbana, mettendo in luce l’incidenza della dimensione culturale; il paragrafo 4 si focalizza sul ruolo giocato dal patrimonio culturale e creativo per la definizione dell’attrattività turistica delle città, anche in funzione di specifiche iniziative e politiche di sviluppo; il paragrafo 5 passa in rassegna una selezione di esperienze significative di valorizzazione del cultural heritage attraverso le TIC mentre il 6 espone alcune riflessioni conclusive su questi temi alla luce delle conseguenze generate dalla pandemia.

Dalla Smart City alla Smart Tourism Destination

Le città, nel corso dei millenni, sono state oggetto di numerose trasformazioni che ne hanno condizionato il percorso evolutivo. Quest’ultimo, sebbene “geograficamente differenziato”, è sfociato in una loro generalizzata crescita dimensionale, sempre più spesso accompagnata da spiccate innovazioni strutturali, affermatesi maggiormente nel segno della globalizzazione e caratterizzate dalla possibilità di offrire servizi avanzati a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni attraverso il ricorso a un nuovo sistema di connessioni virtuali (Scanu et al., 2017, p. 113).

Si è andata così delineando una rinnovata dimensione del vivere urbano, con la tecnologia e la digitalizzazione a supporto della razionalizzazione dei servizi, della rigenerazione di quartieri e aree degradate, del più efficiente utilizzo degli spazi, della decongestione del traffico e della gestione dei trasporti, del risparmio energetico e della partecipazione degli attori locali ai processi di sviluppo territoriale (Ibidem); un’evoluzione, questa, in linea con la nuova mission della città contemporanea, incentrata “sulle connessioni e sulle reti, tesa a disegnare una nuova entità di carattere metafisico, con una geografia a cavallo tra cyberspazio e realtà virtuale” (Scanu et al., 2018, p. 879).

Dalla lettura interrelata di tali dinamiche discendono quelle meta-narrazioni di città e territori ai quali si attribuiscono le connotazioni di Smart City e Smart Territory o Smart Destination.

Il concetto di Smart City, introdotto per la prima volta negli anni Novanta da alcuni ricercatori americani impegnati nello studio di un nuovo paradigma di sviluppo urbano basato sull’applicazione innovativa delle TIC (Malvasi, 2013), è gradualmente entrato a far parte del lessico comune, arricchendosi, nell’ultimo decennio, di significati e contenuti (Brundu & Manca, 2017). Se oggi può sembrare scontato affermare che da una performante infrastrutturazione tecnologica e digitale i territori possano trarre indubbi vantaggi competitivi, tale dotazione, di per sé, non è garanzia di una maggiore efficienza ed efficacia dei processi che regolano le attività economiche, le funzioni urbane e la vita dei cittadini (Hall, 2000; Giffinger et al., 2007; Caragliu et al., 2009; Espon, 2019).

Le tecnologie, i servizi e le applicazioni riferite ad ambiti diversi (smart building, smart energy, smart education, ecc.), affinché possano “modellare” la Smart City, necessitano infatti di essere integrate all’interno di piattaforme interoperabili e di coordinamento, associate ad opportuni strumenti di governance e di finanziamento (Cassa depositi e prestiti, 2013).

Questo spinge a ritenere che il successo delle Smart City sia strettamente connesso a un modello di governance capace di incidere compiutamente sullo sviluppo territoriale, sul miglioramento della vita dei residenti e dei city user per offrire loro una maggiore “qualità dei servizi di pubblica utilità e degli spazi urbani, riducendo le esternalità negative sull’ambiente (controllo delle immissioni inquinanti, riduzione dei consumi energetici,…), e più in generale incrementando il benessere percepito dai cittadini” (Giordano & Ranieri, 2013, p. 66).

Si tratta, evidentemente, di dinamiche complesse e non esenti da criticità, la cui analisi deve contemperare non solo gli aspetti positivi legati all’innovazione e all’intelligenza urbana ma anche le possibili insidie che si celano dietro i processi trasformativi delle città. Una di queste è rappresentata dal pericolo che gli interessi economici delle grandi aziende specializzate nel dotare le aree urbane di infrastrutture tecnologiche possano effettivamente prevalere su visioni di sviluppo territoriale meno performanti sul piano della smartness sebbene coerenti con le vocazioni, le specificità e le caratteristiche geografiche dei singoli luoghi.

Vanolo (2015), a questo proposito, richiama l’attenzione su alcune criticità di cui occorre tenere conto nell’ambito dei processi di pianificazione e realizzazione delle Smart City: la prima attiene, per l’appunto, al ruolo giocato dalle società operanti nel campo delle TIC, naturalmente spinte dal profitto, all’interno delle partnership con le amministrazioni locali create ad hoc per attuare progetti “intelligenti” di sviluppo urbano; la seconda si riferisce a una fetta più o meno consistente di cittadini poco avvezzi alle tecnologie o sprovvisti di adeguate competenze digitali, i quali, per tali ragioni, rischierebbero di restare ai margini dei processi di trasformazione smart del territorio; la terza deriva dal pericolo che una visione troppo stereotipata di Smart City possa condurre a un’eccessiva semplificazione della realtà e delle questioni urbane, che evidentemente non possono essere meramente ricondotte a set di dati governati da algoritmi e formule; la quarta nasce dal timore che un massiccio affidamento alla tecnologia possa andare a discapito delle tendenze di sviluppo dei territori per favorire, invece, determinati modelli prestabiliti e applicabili ovunque con pochi adattamenti; la quinta chiama in causa i problemi di privacy che l’immagazzinamento di grandi quantità di dati necessariamente comporta.

La componente tecnologica delle Smart City, per quanto importante, non dovrebbe, dunque, essere l’unica risorsa su cui puntare, sebbene la tendenza di numerose amministrazioni locali sia proprio quella di investire soprattutto in TIC e in strumenti digitali (app, piattaforme interoperabili, siti, ecc.). Vi sono altri aspetti da contemplare, che attengono alla connettività, alle relazioni e al tessuto sociale; aspetti abilitanti per i cittadini e capaci di rivestire un ruolo determinante per l’effettivo “funzionamento” della città intelligente e che, pertanto, andrebbero adeguatamente considerati nelle operazioni di pianificazione territoriale (Murgante, Borruso, 2013; 2014).

I criteri della sostenibilità e dell’efficienza giocano, quindi, un ruolo essenziale nell’implementazione e nella pianificazione delle città intelligenti (Garcia-Ayllon & Miralles, 2015) e, anche sul piano istituzionale, la smartness non viene mai discussa isolatamente ma sempre in relazione alle dimensioni della sostenibilità e dell’inclusione, come dimostrano importanti documenti di policy tra cui la Strategia Europa 2020 o l’iniziativa comunitaria Smart Cities and Communities (EC, 2011; Cattani et al., 2014).

In Europa le Smart City rappresentano, pertanto, una realtà affermata, almeno come intenzione politica, pur non essendo tuttavia possibile definire e disporre di un modello standardizzato e applicabile ovunque con gli stessi schemi: anche se tutte le Smart City hanno come comune denominatore l’applicazione innovativa delle TIC alle funzioni urbane e alle reti dei soggetti territoriali, ciascuna di esse rappresenta un unicum, con sue proprie architetture organizzative (Aru et al., 2014).

Se la connettività è la key word che definisce una città intelligente, e se le nuove tecnologie (5G, cloud computing, big data, open data, Internet delle cose, Internet mobile e intelligenza artificiale) rappresentano gli attributi che ne connotano l’aggettivazione, allora il “comportamento intelligente” (smartness) può divenire paradigma estendibile ad altri territori diversi dalla città, o ad una sua specifica funzione, quale è quella turistica. In quest’ottica, è possibile delineare i tratti della Smart Tourism Destination, una destinazione turistica la cui organizzazione e gestione delle risorse è improntata su un utilizzo mirato e strategico delle TIC (Ercole, 2013; Micera et al., 2013; Buonincontri & Micera, 2016; Camerada, 2018; Jasrotia & Gangotia, 2018).

Le Smart Tourism Destination assumono rilevanza proprio per il fatto di poter contare su tecnologie all’avanguardia che permettono lo sviluppo sostenibile delle aree turistiche e facilitano l’interazione e l’integrazione dei visitatori con l’ambiente, agendo al contempo sul miglioramento della qualità della vita dei cittadini e delle destinazioni nel complesso (Buhalis & Amaranggana, 2014; Gretzel et al., 2015a; 2015b).

Del resto, le innovazioni apportate dalle TIC e dai nuovi sistemi di connessione hanno del tutto rivoluzionato il settore turistico, investendo soprattutto i processi, i prodotti e i sistemi di organizzazione delle imprese fornitrici di servizi. Sono sempre più numerosi gli strumenti e le applicazioni sviluppate negli ultimi anni a favore dell’industria turistica con l’obiettivo di accrescere i livelli di accessibilità fisica e virtuale dei siti e arricchire le esperienze di fruizione dei visitatori (Privitera, 2019). L’avvento del web 4.0 e dei social network, la diffusione di smartphone e altri dispositivi mobili connessi alla rete internet e muniti di GPS, la semplificazione nelle modalità di organizzazione delle vacanze, prenotazione e acquisto di beni e servizi nonché la possibilità di visitare virtualmente determinati luoghi “da casa” mostrano i segni di una vera e propria rivoluzione che interessa tutte le destinazioni e le città intelligenti a vocazione turistica, le quali rappresentano interessanti spazi di sperimentazione.

L’impronta culturale della smartness urbana

La dimensione culturale, in ragione del benessere economico e sociale che può generare, assume un ruolo chiave soprattutto per quelle città e destinazioni turistiche impegnate nel rinnovamento della propria identità. Per la cultura, nel suo complesso, si tratta di una sfida importante perché la stessa può essere elevata, a pieno titolo, a strumento di sviluppo sostenibile.

Su questo fronte è particolarmente attiva l’Unione europea con appositi piani, programmi ed esperienze, tra cui l’iniziativa “città europee della cultura”, lanciata nel 1985 e confluita successivamente in quella oggi denominata “capitali europee della cultura”, supportata dal programma finanziario “Europa creativa”. L’iniziativa ha riscosso un successo crescente nel corso degli anni e tramite appositi fondi stanziati dalla CE ha visto la premiazione di più di 50 città nell’arco di oltre un trentennio (Fig. 1). Come si legge nel sito dedicato, lo scopo è quello di mettere in evidenza la ricchezza e la diversità del patrimonio culturale europeo oltre che gli elementi di condivisione culturale, alimentando il senso di appartenenza dei cittadini e promuovendo il contributo della cultura allo sviluppo territoriale, nel suo complesso, e alla rigenerazione urbana anche in chiave turistica, nel rispetto delle istanze dei residenti.

In quest’ottica, e nella convinzione che “misurare” sia indispensabile per monitore strategie ed azioni dichiarate nei documenti di policy globale e macroregionale, diviene importante domandarsi come valutare l’impronta culturale di smartness urbana. Negli anni, i sistemi di misurazione[2] si sono concentrati nella costruzione di indici che risultano poco idonei a spiegare, interpretare e comparare le dinamiche culturali nei diversi contesti. Difatti non si dispone, allo stato attuale, di indicazioni condivise e atte a misurare e confrontare le specificità di performance locali in ottica transcalare.

Sulla scia di queste considerazioni, a livello nazionale vanno richiamati i contributi offerti dallo Smart City index di Ernst & Young e lo ICity Rate messo a punto da una società di servizi e consulenza (FPA). Il primo, tra gli elementi da misurare nella valutazione della smartness territoriale, all’interno del dominio “Applicazioni e servizi” non trascura la dimensione culturale in abbinamento a quella turistica sulla base di: informazioni su attrazioni, servizi, percorsi turistici; informazioni, prenotazioni e pagamenti delle strutture (monumenti, alberghi, ecc.); App per visitare la città; e-commerce prodotti locali; biblioteche, media library online; social network (EY, 2018, p. 6).

Il secondo è ottenuto attraverso la combinazione di sei indici, elaborati a partire da 106 indicatori, espressivi delle principali dimensioni della qualità urbana: solidità economica, mobilità sostenibile, tutela ambientale, qualità sociale, capacità di governo e trasformazione digitale. Le dimensioni turismo e offerta culturale delle città sono qui accorpate all’interno della categoria “Qualità sociale” in accostamento ad altre varabili “interagenti” e affini ai campi dell’istruzione, del capitale umano, della povertà e dell’esclusione sociale. Nello specifico, l’ambito culturale si articola in “indicatori della partecipazione a spettacoli, dell’incidenza dell’occupazione e dell’imprenditorialità culturale, dell’internazionalizzazione culturale (export del settore) e della densità del patrimonio culturale” mentre le attrattività turistiche sono misurate “in base al rilevamento della quota di imprese storiche e della densità dei luoghi di attrazione, del tasso di turisticità, della quota di spesa culturale sulla spesa turistica” (FPA, 2019, p. 54).

Gli indici citati esprimono chiaramente quanto l’intelligenza territoriale sia commisurata alla capacità di far dialogare il patrimonio culturale con le diverse dinamiche urbane, dalla cui interazione può ottenersi un maggior valore aggiunto. L’inserimento del cultural heritage all’interno di strategie di promozione consente quindi di dare vita a esternalità positive che si riversano su tutti gli altri settori e in maniera particolare su quello turistico, il quale, proprio grazie alle risorse culturali e ambientali può trovare maggiori sbocchi e nuove chiavi di lettura e sviluppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1 Città e capitali europee della cultura comprese quelle designate per il periodo 2021-2024 –  (Fonte: Nostra elaborazione su dati Europa Creativa)

Città turistiche intelligenti: l’alleanza tra cultural heritage e tecnologia

Se l’alleanza tra patrimonio culturale e turismo appare consolidata, occorre sottolineare la crescente importanza delle TIC nei processi di promozione e comunicazione del cultural heritage, anche su sollecitazione della stessa CE. A questo riguardo è stata di recente pubblicata sul portale europeo degli Open data un’interessante piattaforma multimediale e interattiva che permette di visualizzare le diverse capitali della cultura, con la possibilità di approfondire il corredo informativo ad esse associato tramite link a siti specifici, di esplorare oltre 50 milioni di opere d’arte, libri, video e suoni presenti in più di 3.500 tra musei, gallerie, biblioteche e archivi.

L’innovazione al servizio del patrimonio culturale e del turismo per una maggiore competitività delle città intelligenti è al centro di una specifica iniziativa della CE, la European Capital of Smart Tourism (ECoST), un concorso che da alcuni anni premia le capitali europee che si distinguono per essere destinazioni turistiche intelligenti (Ivona, 2018). Le aree strategiche esaminate sono, non a caso, quelle attinenti al patrimonio culturale, alla sostenibilità, alla digitalizzazione e all’accessibilità.

Poiché il patrimonio culturale e la sua valorizzazione risultano determinanti per lo sviluppo equilibrato del territorio europeo la CE investe a tal fine ingenti risorse, anche tramite il programma Horizon 2020, con l’obiettivo di reinterpretare gli utilizzi del cultural heritage, incoraggiare un turismo realmente sostenibile e stimolare nuove attività produttive.

Tale visione trova conferma nella coniazione del termine “industrie culturali e creative” con l’intento di adeguare il comparto ai cambiamenti strutturali derivanti dallo sviluppo delle TIC. Tuttavia, poiché cultura e creatività sono asset trasversali a più settori economici, è arduo comprendere quali includere all’interno di questa industria, soprattutto quando si tratta di quantificare le dimensioni del fenomeno. La mancata adozione di una definizione univoca in tal senso e di un framework statistico universale non consente di effettuare indagini e comparazioni condivise sul suo effettivo apporto economico e sociale. Sembrerebbe che sia proprio l’aggettivo creativo a generare le maggiori perplessità in virtù del carattere elusivo che lo contraddistingue[3].

Nonostante non vi sia “alcun accordo su quali criteri considerare e su quale peso attribuire a ciascuno di essi e di conseguenza non esiste un confine condiviso, nella letteratura e tra le istituzioni del settore dell’industria culturale e creativa” (Valentino, 2013, p. 277), per lungo tempo vi si è registrato un pressoché unanime consenso nel riconoscere alle due categorie, il ruolo di strumento di rigenerazione e motore di sviluppo soprattutto in ambito urbano (Landry, 2000).  Questo in quanto le città, essendo storiche depositarie di patrimoni culturali materiali e immateriali sono anche potenti attrattori di talenti che consentono lo sviluppo di economie creative grazie ai vantaggi dell’agglomerazione e agli effetti di rete. Più recentemente, l’idea che la creatività potesse fungere da potente catalizzatore di sviluppo urbano ha incontrato una battuta d’arresto nelle riflessioni proposte da studiosi quali, ad esempio, Pratt (2011), Scott (2014) e Florida (2017). Il primo critica l’armatura neoliberista della città creativa che ospita solo gruppi sociali privilegiati; il secondo sottolinea le ingenti disuguaglianze socioeconomiche tra la classe creativa e la cosiddetta classe media; Florida, infine, riconosce il fallimento della prosperità inclusiva della città creativa. Le critiche avanzate dagli autori sembrano per lo più interessare le grandi metropoli, mentre le città di medie-piccole dimensioni possono essere in grado di attirare politiche e programmi di rigenerazione il cui driver di riferimento è proprio la cultura (vedi Matera) per la sua pervasività nella valorizzazione e promozione degli sforzi creativi, senza peraltro evidenziare le contraddizioni richiamate dai su citati autori.

Per supportare i policy maker nell’identificazione dei punti di forza e delle opportunità che una città può offrire, l’UE, attraverso il JRC (Joint Research Centre), ha predisposto nel 2017 la piattaforma Cultural and Creative Cities Monitor (Fig. 2), principalmente orientata a valutare il grado di creatività delle città e a promuovere scambi reciproci. La piattaforma, attraverso 29 indicatori riferiti a 9 dimensioni diversamente afferenti ai campi della vitalità culturale, sociale ed economica, nel 2019 traccia la classifica di 190 città (erano 165 nel 2017) appartenenti a 30 paesi europei. Il primo campo (Cultural Vibrancy ) rileva la presenza di punti di interesse storico, culturale e artistico (edifici architettonici, chiese, monumenti, statue, torri, ponti, fontane, ecc.), di  musei e gallerie d’arte, teatri, concerti, cinema e il loro numero di visitatori, per stabilire quanto siano culturalmente vivaci queste città; il secondo (Creative Economy) misura l’occupazione nei settori culturali e creativi per capire come la cultura si “traduca” in economia creativa; il terzo (Enabling Environment) valuta come le città supportano la cultura e l’economia creativa. I 29 indicatori – basati sia su statistiche ufficiali sia su dati provenienti dalla rete (TripAdvisor) – sono aggregati in un unico indice che sintetizza la performance creativa e culturale delle città europee. Come riferisce il Rapporto “The Cultural and Creative Cities Monitor”, la tecnologia è vista come uno strumento complementare che può aiutare a migliorare il potenziale di innovazione, le opportunità commerciali e la gamma di attività culturali e creative. Un dato, questo, che certamente si ripercuote anche sul turismo, che sempre più spesso si alimenta di “nuovi prodotti” basati su innovative forme di accesso al patrimonio culturale.

 

 

Figura 2 – Indicatori utilizzati nell’ambito del Culture and Creative Cities Monitor – (Fonte: Commissione europea)

Esperienze di fruizione turistica intelligente del cultural heritage

Alla luce dei concetti precedentemente espressi si può affermare che il patrimonio culturale delle città, oltre a veicolare importanti valori storici e identitari e a rappresentare un elemento di forte attrattività turistica nello scenario competitivo (De Frantz, 2017), può meglio esprimere il suo potenziale grazie a un utilizzo mirato delle TIC.

A queste ultime si devono nuove forme di gestione, accessibilità e fruizione dei prodotti e delle offerte turistiche locali che si sono rivelate fondamentali e particolarmente idonee non solo per una promo-comunicazione meramente turistica ma anche per favorire una migliore conservazione e tutela dello stesso cultural heritage, preservandolo dai rischi a cui è sottoposto soprattutto nei centri storici delle città. Già nel periodo pre-pandemico si contavano diverse esperienze di città specializzate nella funzione turistica intente a sperimentare innovativi modi con cui proporre il proprio patrimonio culturale e creativo, anche per rispondere alle numerose sollecitazioni pervenute in tal senso da diverse organizzazioni internazionali e macroregionali (ICOMOS, UNWTO, UNESCO, CE, ecc.)

Le modalità con cui le TIC vengono utilizzate per valorizzare turisticamente il patrimonio culturale sono mutate nel tempo: si è passati dalle prime infrastrutture meramente informative, atte a raccogliere e comunicare dati, immagini e altri dettagli, a quelle di connessione, che offrono la possibilità di prenotare o acquistare determinati servizi, fino alle piattaforme integrate, capaci di consentire una pluralità di azioni interrelate, molto complesse e sofisticate. A queste si aggiungono ulteriori applicativi che hanno l’obiettivo di consolidare la relazione tra patrimonio culturale e turisti, offrendo loro soluzioni sempre più personalizzate e orientate a favorire l’edutainment, ovvero l’intrattenimento educativo, che assegna ai beni culturali la duplice funzione di informare (educare) e coinvolgere il pubblico (Garau, 2017).

Tali strumenti rappresentano il trait d’union tra turisti e patrimonio culturale; è tramite questi che gli utenti hanno la possibilità di compiere viaggi virtuali a distanza, visionare collezioni, luoghi e contenuti dematerializzati, prenotare visite, acquistare biglietti, ma anche recensire, suggerire, promuovere, ecc.

Il panorama delle esperienze che permettono nuove modalità di fruizione del patrimonio culturale delle città è ampio e si manifesta in molteplici modi: App, realtà aumentata, riproduzioni e visualizzazioni in 3D, forme di comunicazione che integrano mezzi diversi, canali e strumenti, secondo una logica transmediale e crossmediale.

Data la crescente eterogeneità con cui il patrimonio culturale e creativo può essere trasmesso utilizzando le TIC, si riporta una breve rassegna di alcuni casi analizzati nell’ambito del presente lavoro che potrebbero essere considerati rappresentativi delle principali trasformazioni e tendenze in atto, almeno in Italia.

Le esperienze di seguito esposte fanno riferimento a soluzioni differenti: le prime due (5.1 e 5.2) sono state adottate dalla città di Venezia ed evidenziano, rispettivamente, il ruolo giocato da una App per la fruizione turistica del territorio e quello di un portale interattivo tramite cui i visitatori possono costruirsi autonomamente la propria card personalizzata; la terza (5.3) riporta il caso dell’Urban Lab di Torino e delle molteplici funzioni svolte dall’Associazione per favorire una scoperta turistica “alternativa” della città; la quarta (5.4) è riferita alla diffusione crescente dei sistemi di videoproiezioni in numerose realtà urbane italiane ed europee attraverso mostre immersive e videomapping; la quinta (5.5) richiama un’esperienza di fruizione del patrimonio culturale tramite un sito internet integrato con una App e dei totem distribuiti non in un’unica città ma nell’ambito di un sistema territoriale più ampio.

 

5.1 L’App MyPassVenezia per una efficiente ottimizzazione dell’esperienza turistica

Il primo esempio riguarda la città di Venezia, dove negli ultimi anni si sono sviluppate diverse applicazioni per la fruizione turistica dell’intero sistema lagunare. Tra queste vi è l’App per smartphone MyPassVenezia, progettata e lanciata nel 2019 da My Pass s.r.l., compatibile con entrambi i sistemi operativi Android e IOS. Si tratta di un’applicazione multilingue, rivolta a turisti e residenti che desiderano scoprire i principali attrattori della città ma anche quei luoghi marginali rispetto ai principali circuiti di visita. Ha il vantaggio di consentire la prenotazione e l’acquisto di biglietti per musei, mezzi di trasporto pubblico, parcheggi e concerti, saltando le code e permettendo oltre a un notevole risparmio di tempo anche di approfittare di agevolazioni e tariffe speciali. L’App si collega a uno specifico portale dove sono presenti le sezioni “Blog” e “Contatti” e ciascun luogo della cultura segnalato è corredato di immagine, breve descrizione, consigli per la visita, informazioni logistiche e prezzo di ingresso. L’App ha riscosso da subito un buon successo in termini di installazioni e, alla data odierna, solo da Google play risulta essere stata scaricata più di 10.000 volte.

5.2 Il portale Venezia Unica e la Venezia Unica City Pass per la personalizzazione dei servizi di visita

Un’altra esperienza riferibile al comune di Venezia è quella del portale Venezia Unica, tramite cui gli utenti sono messi nelle condizioni di crearsi una propria Venezia Unica City Pass personalizzata, con validità di due anni dall’acquisto, in grado di riunire all’interno di un’unica tessera i biglietti per il trasporto urbano e gli ingressi a musei e ad altri siti culturali. La carta, una volta composta, può essere ritirata presso i diversi punti informativi dell’agenzia del turismo Venezia Unica presenti in città, semplicemente esibendo il voucher digitalizzato che viene generato al momento dell’acquisto. Nel portale di Venezia Unica gli attrattori culturali sono accompagnati da schede descrittive, immagini e sintetiche informazioni su orari e ticket di ingresso. Nel sito web è presente anche una sezione denominata #Detourism rivolta a quei turisti interessati a scoprire Venezia in modo sostenibile, lento e lungo itinerari alternativi rispetto ai classici e più frequentati.

5.3 L’Urban Lab di Torino e gli itinerari per scoprire la città fordista e post fordista

Un utile modo per far conoscere gli elementi del patrimonio culturale diffuso alla scala urbana è rappresentato dagli itinerari tematici digitalizzati come quelli proposti dall’Urban Lab di Torino. L’Urban Lab, nato nel 2005 come Urban Center Metropolitano di Torino, è un’associazione autonoma che dal 2018 eredita alcune delle attività svolte dall’Associazione Torino Internazionale e dalla Fondazione Smart City; ha lo scopo di comunicare e divulgare la trasformazione urbana, attraverso un programma di attività orientato a stimolare l’interesse attorno ai temi relativi alla città e al paesaggio contemporaneo di Torino e della sua area metropolitana. A questo scopo propone diversi itinerari da percorrere a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici, funzionali alla scoperta di nuovi spazi culturali, della città postindustriale, dell’arte nei luoghi del fordismo, ecc. Ciascun itinerario è presente sul sito con una propria scheda correlata di immagine, descrizione, informazioni, date e orari, prezzi, modalità di pagamento e contatti oltre che con una mappa realizzata su Google mymaps e incorporata tramite apposito widget.

5.4 Experience e videomapping per un coinvolgimento immersivo del visitatore

Un’ulteriore modalità di fruizione del patrimonio culturale sempre più utilizzata fa capo all’universo delle mostre virtuali, in particolare, alle cosiddette experience spesso ospitate all’interno di musei e teatri[4]; si tratta di mostre multimediali in cui le opere d’arte non sono fisicamente presenti ma possono essere ammirate tramite riproduzioni virtuali e immersive che uniscono agli aspetti visivi, musiche, scenografie ideate ad hoc e percorsi bibliografici sugli autori/artisti in mostra.

La tecnica di proiettare contenuti virtuali in 3 D su muri e monumenti si sta, negli ultimi anni, estendendo sempre di più anche all’aperto, con numerose esperienze di videomapping realizzate in diverse località turistiche in Italia e all’estero (Ivona & Privitera, 2019).

5.5 La fruizione turistica dei beni culturali tramite un sistema integrato di Totem, App e sito web

L’ultimo esempio preso in esame è quello denominato Città e Cattedrali, realizzato da Showbite s.r.l., per la valorizzazione di una parte del patrimonio culturale ecclesiastico del Piemonte e della Val d’Aosta.

Il progetto “Città e Cattedrali – Architetture tra Memoria e Futuro” nasce nel 2005 su iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (CRT), in collaborazione con le Diocesi di Piemonte e Valle d’Aosta, la Regione Piemonte, la Regione Autonoma Valle d’Aosta e le relative Soprintendenze competenti.

Oltre ad aver consentito il recupero e la valorizzazione del patrimonio culturale di 18 cattedrali localizzate nelle due regioni coinvolte, il progetto ha previsto il posizionamento di 14 totem in alcuni luoghi di culto oggetto di restauro, unitamente ad altri dispositivi nei musei diocesani e la creazione di 1 App-Audioguida in 3 lingue diverse con contenuti georeferenziati e capaci di dialogare con gli iBeacon apposti in alcuni siti specifici. Il portale a cui si ricollega l’App “Chiese a porte aperte” presenta numerosi contenuti (video, interviste, descrizioni, immagini, ecc.) e la possibilità di consultare diversi “itinerari del sacro”, ciascuno accompagnato da un corollario fotografico e descrittivo, unitamente alle rappresentazioni cartografiche digitalizzate.

I casi considerati hanno messo in luce i diversi obiettivi perseguiti da quelle città e quei territori che hanno scelto di utilizzare specifici servizi tecnologici per promuovere il proprio patrimonio: orientare i fluissi turistici verso zone meno conosciute e allentare la pressione in determinate aree urbane; facilitare il comportamento di acquisto del turista mettendolo nella condizione di essere co-creatore della propria esperienza di vacanza; guidarlo alla scoperta di un patrimonio identitario e storico che ha forgiato l’identità urbana; permettergli di ammirare opere d’arte in maniera immersiva grazie alle rappresentazioni virtuali.

Si tratta di modalità innovative di fruizione culturale ma anche di tecniche di posizionamento rispetto a particolari segmenti di domanda che probabilmente, anche a causa della pandemia, in futuro saranno sempre più consistenti.

Occorre però sottolineare come le diverse soluzioni tecnologiche adottate, in assenza di un’adeguata integrazione all’interno di politiche di sviluppo turistico-territoriali e di altri sistemi di erogazione di servizi, possibilmente accompagnati da appositi dispositivi e meccanismi di monitoraggio, potrebbero rivelarsi incapaci di incentivare forme di valorizzazione dei comparti turistici con esiti apprezzabili.

L’emergenza pandemica, peraltro, ha sollecitato la nascita di svariate iniziative di carattere artistico, informativo o didattico, veicolate attraverso i siti istituzionali e i diversi canali social, diventati i soli vettori di trasmissione e comunicazione della dimensione culturale e, pertanto, utilizzati per fidelizzare gli utenti e individuare ulteriori potenziali fruitori.

Se i settori della cultura e del turismo hanno subito gravemente gli effetti della crisi in seguito alle chiusure e all’oggettiva impossibilità di accedere fisicamente ai luoghi, internet e i sistemi di connessione virtuale hanno parzialmente colmato il vuoto creatosi tra domanda e offerta turistico-culturale.

Si è assistito, infatti, alla proliferazione di mostre on line, visite e degustazioni a distanza, attività di formazione in rete, ecc., tutti elementi che contribuiscono a disegnare l’attuale scenario competitivo e che anche in futuro incideranno sulle modalità di approccio al patrimonio culturale e sui comportamenti di acquisto dei consumatori.

Conclusioni

Fino ai primi mesi del 2020, tra le principali criticità che le città d’arte dovevano affrontare vi era quella dell’overtourism, un fenomeno sempre più preoccupante per gli impatti negativi dovuti non solo al superamento della capacità di carico ma anche ai processi di gentrificazione e ai possibili conflitti tra turisti e residenti. A tal riguardo, si segnala come la “turistificazione” dei centri storici, in numerosi casi, abbia portato alla sostituzione delle attività tradizionali con altre ad uso e consumo del turista “mordi e fuggi”. Esperienze di questo tipo si sono verificate in diverse città, in Italia e all’estero, da Roma a Venezia, da Barcellona a Lisbona, solo per citarne alcune.

Le vittime principalmente colpite dall’overtourism sono le comunità locali, talvolta costrette ad abbandonare il proprio territorio a causa dell’innalzamento dei prezzi e dei costi degli affitti, ma anche il patrimonio culturale se eccessivamente mercificato e banalizzato.

Con l’avvento della pandemia anche l’overtourism ha, tuttavia, registrato una battuta d’arresto (Rossi, 2020; Piñeiro Antelo, M. A., Pazos Otón, M., & y Lopez, L., 2020). Se la crisi ha avuto e avrà conseguenze gravose su tutti i settori economici, le filiere del turismo e della cultura risultano essere fino ad ora tra le più colpite se non addirittura le più colpite. Le città d’arte, un tempo eccessivamente frequentate fino ai limiti dell’invivibilità, si sono ritrovate improvvisamente deserte, con i musei chiusi e le piazze vuote, dando vita a scenari del tutto inediti.

Nonostante nei mesi estivi del 2020 si sia tentato di alimentare in vario modo una ripresa dei flussi turistici, il sopraggiungere in autunno delle diverse “ondate” e delle varianti del virus, ha nuovamente determinato serrate e divieti alla circolazione delle persone. Eppure, se da una parte si sono registrate situazioni di stallo, dall’altra si è assistito a una diffusione senza precedenti delle TIC e delle connessioni virtuali, con un maggior utilizzo delle risorse digitali da parte di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. Emblematiche di tale evoluzione sono tutte quelle attività prima poco diffuse e praticate come il cosiddetto smart working, la formazione a distanza o la virtualizzazione delle collezioni dei musei. Questa accresciuta pervasività delle tecnologie ha portato tutti ad essere più smart, con un incremento delle operazioni in rete, anche facilitate dai moderni dispositivi. È una smartness generalizzata che le città dovranno saper interpretare e sfruttare per tornare ad essere competitive e attrattive verso un mercato certamente mutato. Il turista post-Covid, infatti, cerca sicurezza senza rinunciare alla praticità e alla velocità che proprio la tecnologia gli consente di avere. La sfida che le città turistiche dovranno affrontare nell’immediato sarà quella di ripensare il proprio sistema di offerta e le modalità di proposizione del cultural heritage per catturare target turistici attenti alle specificità dei territori, guidando così l’ecosistema urbano verso il rispetto di parametri di sostenibilità sociale e ambientale.

Con le trasformazioni in atto diventerà inevitabile l’emergere di nuove figure professionali e la riqualificazione di quelle più tradizionali stimolate a sviluppare maggiori competenze in TIC. In quest’ottica, un’occasione unica e irripetibile è rappresentata dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), declinazione del NextGenerationUe, il quale si configura come un vero e proprio programma di rinascimento europeo dopo la devastante crisi pandemica. L’Italia dedica una “missione” specifica a “turismo e cultura 4.0” destinando nel complesso oltre 6 miliardi di euro con l’obiettivo di migliorare l’attrattività del Paese, modernizzando le infrastrutture materiali e immateriali, di ampliare la fruibilità della cultura e l’accessibilità attraverso investimenti digitali.

È necessario, in definitiva, adottare un nuovo paradigma basato su una pianificazione strategica di medio-lungo termine dell’offerta turistico-culturale delle città smart o aspiranti tali, capace di capitalizzare i cambiamenti in corso per incrementarne le performance. Questa prospettiva non può prescindere da un’analisi della dimensione culturale e “umanistica” della smartness, punto di partenza per ulteriori sviluppi della stessa in termini di sicurezza e creazione di nuova occupazione, con lo scopo di favorire un’effettiva fruizione del patrimonio culturale delle città contemporanee e metterne maggiormente a fuoco la vocazione turistica, laddove presente.

Declaration

La ricerca è stata finanziata con il "Fondo di Ateneo per la ricerca 2019" (Università degli Studi di Sassari). Pur nell'unitarietà del testo, sono da attribuire a Caterina Madau i paragrafi 1, 2, 3; a Salvatore Lampreu i paragrafi 4, 5, 6

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Cite this article

Madau C., Lampreu S. (2021) Cultural Heritage and New Technologies for the Tourist Enhancement of Cities. EATSJ - Euro-Asia Tourism Studies Journal, Vol.2021, ( Special Issue in Italian ). https://doi.org/10.58345/FADH7922.

Received: | Accepted: | Published online: 28 November 2021
Volume: 2021 | Issue: Special Issue in Italian |

DOI: https://doi.org/10.58345/FADH7922

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CM

Caterina Madau (Corresponding author)
Università degli Studi di Sassari


SL

Salvatore Lampreu (Corresponding author)
Università degli Studi di Sassari

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