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JOURNAL OF EURO ASIA TOURISM STUDIES

VOLUME III – December 2022
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Digital storytelling of the territory. Tourism development opportunities from film tourism and sacred music for the city of Alghero

Introduzione: smartness e creatività per il turismo urbano

Secondo un recente rapporto, nel 2050[1] il 68% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. Le città diverranno, pertanto, luoghi in cui convivranno sempre più persone, diverse per cultura, formazione e idee. Tale fenomeno permetterà, da una parte, il moltiplicarsi delle occasioni di contaminazione e delle sinergie tra soggetti diversi, dall’altra implicherà una serie di problematiche di tipo sociale, di sicurezza, e di garanzia dei servizi.

Rendere le città più vivibili costituisce, così, la grande sfida da affrontare. L’Agenda dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) 2030[2] invita, quindi, a gestire meglio i servizi essenziali attraverso le nuove tecnologie, promuovendo l’uso consapevole delle risorse, invitando tutti i portatori di interessi ad impiegare la loro creatività e la loro innovazione, al fine di trovare una soluzione alle sfide dello sviluppo sostenibile.

In questo contesto, il progresso dell’infrastruttura dell’Information and Communications Technology (ICT), unitamente al suo sempre più massiccio utilizzo in sincronia con oggetti ed attrezzature di uso comune, rappresentano il vero capitale di base che una città “intelligente” dovrà necessariamente possedere.

Secondo Siniscalchi (2017, pag. 70) la città intelligente “è tale se diventa un sistema, sia negli aspetti funzionali del contesto urbano, sia nella promozione di iniziative inclusive, in cui web e nuove tecnologie diventino un prolungamento del capitale umano, intellettuale e culturale dei cittadini”.

Il sempre più massiccio uso delle nuove tecnologie in connessione con gli oggetti di uso quotidiano ha sviluppato un nuovo ed importante concetto del valore attribuibile ai Big Data, cioè a quella enorme mole di dati provenienti dai più diversi apparati digitali, la cui analisi diventa quanto mai utile alla risoluzione delle grandi problematiche sociali, agevolando i processi democratici e alimentando nuove forme di partecipazione attiva alla vita politica.

Le città moderne sono quelle che appaiono in grado, più delle altre, di cogliere i cambiamenti. Secondo questa logica, cittadini, imprese e istituzioni devono porsi nella condizione di sviluppare la capacità di interpretare i nuovi fattori di competitività e di adattamento alle nuove tendenze.

Infatti, solo un decennio fa, sarebbe stato impensabile ipotizzare che aziende come Uber, Airbnb, Amazon avrebbero fatto concorrenza a storiche attività di noleggio auto e a grandi catene ricettive e commerciali senza avere una sola auto, un solo posto letto, un solo negozio. Oggi sappiamo che il loro successo deriva sostanzialmente dalla capacità di cogliere il cambiamento nelle abitudini del consumatore e, conseguentemente, dal saper comprendere l’evoluzione tecnologica, individuando soluzioni utili e sostenibili per la collettività.

Secondo Venier (2017, pag. 28) “è quindi necessario cercare di comprendere la natura della trasformazione digitale della società, al fine di pensare e realizzare la trasformazione digitale delle organizzazioni”.

Per comprendere meglio questa trasformazione è stato utile indagare i quattro pilastri del sistema digitale odierno costituenti il modello SMAC, acronimo di Social, Mobile, Analytics e Cloud.[3]

Evoluzione di questa piattaforma tecnologica, secondo Camerada (2018, pag. 109) è il protocollo SMAS, acronimo di Social, Mobile, Analytics e Security, strumento che permette di effettuare una misurazione delle prestazioni conseguite dai territori preposti all’accoglienza, in termini di innovazione e digitalizzazione turistica con un’attenzione particolare ai temi della cyber security.

Del resto, la social technology, unitamente ai dispositivi mobili, ha modificato i paradigmi della comunicazione, determinando la creazione di enormi volumi di dati la cui analisi permette di ricavare utili informazioni, esponendoci però ai rischi di attacchi cibernetici.

Ma, se in origine vi era la tendenza a costruire sempre un maggior legame tra città ed innovazione tecnologica, oggi l’approccio è sostanzialmente diverso, in quanto si preferisce attribuire un ruolo sempre più importante allo sviluppo del capitale umano e sociale. In quest’ottica, l’infrastruttura tecnologica non rappresenta più il fine ultimo delle politiche “smart”, ma il mezzo con il quale più soggetti partecipano alla vita politico-economica di una città e contribuiscono al miglioramento della qualità della vita.

Questo punto di vista è supportato da Luciani (2014, pag. 377), il quale promuove la “città che impara” ad essere “creativamente intelligente” attraverso la trasformazione e la crescita partecipata prima di tutto dei suoi stessi cittadini.

Coerentemente con tale visione appare quanto affermato da Bassan e Magno (2018, pagg. 389–390) ovvero che “di fronte al cambiamento del sistema economico e allo sviluppo continuo, inarrestabile e non arginabile di beni e servizi «social», si pone l’autorità statale chiamata a riorganizzare la propria amministrazione pubblica sulla base di nuovi principi”.

Allo stesso modo, la nuova tendenza dell’offerta turistica tiene conto del ruolo moderno del visitatore, il quale spogliandosi dell’aspetto tradizionale di fruitore passivo diventa il protagonista principale della produzione della sua stessa esperienza coinvolgente e partecipativa. Il turismo creativo, così, si colloca nella dimensione dell’esperienza meritando di attenzione e di un approccio strategico per il potenziamento della destinazione e mezzo per la valorizzazione dell’identità culturale del territorio.

Secondo una definizione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO)[4] esso rappresenta un “viaggio diretto verso un’esperienza autentica ed impegnata, con apprendimento partecipativo nelle arti, nella cultura o nella vita di personaggi del luogo, che fornisce un legame con chi vive in questo luogo e genera questa cultura vivente”.

In linea con quanto sopra espresso, anche per Scrofani e Leone (2017, pag. 122) “l’estrema attenzione al visitatore, ai suoi gusti e alla percezione stessa di un prodotto e al territorio che lo genera ha modificato sensibilmente le modalità di fruizione dei luoghi e il significato stesso dell’esperienza vissuta dal consumatore nel momento del consumo”.

Importante, secondo questa logica, diventa la componente tecnologica, la quale non riveste un ruolo di protagonista assoluta dell’offerta, ma contribuisce a valorizzare l’esperienza turistica multisensoriale.

Per comprendere appieno le nuove dinamiche legate a questa evoluzione di consumo, il campo di interesse della scienza geografica si estende dal tradizionale ambiente crono-spaziale classico, a quello dinamico tipico dell’informazione e dell’interazione sociale in rete.  Cogliere i cambiamenti apportati dalla rivoluzione digitale è importante in funzione della competitività delle destinazioni turistiche, sempre più influenzata dalle nuove tendenze, sia nella relazione con il turista sia nella gestione dei servizi.

Solo grazie a questo moderno approccio si potrà essere competitivi nel nuovo scenario turistico internazionale, lanciando una sfida basata su logiche metodologiche multidisciplinari e multidimensionali, capaci di far vivere esperienze uniche e indimenticabili al turista.

 

La città di Alghero protagonista di storie e narrazioni identitarie

Nel panorama delle destinazioni turistiche, la città di Alghero si mostra capace di cogliere queste nuove tendenze, collocandosi al centro di un progetto il cui modello di sviluppo economico è fondato sull’asset della creatività, dal quale emerge il forte ruolo della componente culturale.

L’idea di città creativa è in qualche modo strettamente connessa all’idea di città smart. Nonostante le difficoltà di darne una definizione compiuta (Paradiso, 2013), possiamo affermare che entrambi i termini riconoscono come fattore di vantaggio competitivo e percorso su cui fondare lo sviluppo strategico del territorio la capacità di adattarsi velocemente ai cambiamenti e alle trasformazioni, di trovare soluzioni rapide ed efficaci ai problemi, di coinvolgere in un processo attivo e partecipato i residenti.

Grazie alla creatività, si innescano percorsi capaci di produrre quelle innovazioni che migliorano la qualità della vita dei cittadini e dei loro ospiti.

In questo contesto, governance locale, forze imprenditoriali e sociali sono unite nell’obiettivo comune di stimolare l’economia del luogo attraverso il miglioramento del funzionamento delle istituzioni e del capitale umano. In questo nuovo ruolo, l’Amministrazione Comunale, si è posta al centro di nuove relazioni finalizzate alla condivisione del proprio destino.

Tale approccio creativo, teso ad aggregare idee e progetti, è stato caratterizzato da un carattere negoziato, operativo, flessibile ed integrato. Essere città creativa, infatti, è da intendersi come elaborazione condivisa e partecipata di una visione futura del territorio. Un vero e proprio patto tra governance locale, forze imprenditoriali e sociali per realizzare tale visione.

A tale scopo, l’Amministrazione Comunale ha posto in essere una serie di azioni finalizzate a porre al centro di una rete territoriale i servizi della pubblica amministrazione, le associazioni, le imprese e i cittadini. In questo modo, nel tentativo di valorizzare i talenti locali e di attirarne altri dall’estero, ne è risultata accresciuta la capacità di innovazione territoriale.

Così come il percorso smart, anche la pianificazione strategica volta alla città creativa è più un processo che non porta a conclusioni, ma alla costruzione di una rete stabile di soggetti che sia capace di realizzare gli interventi previsti nel piano stesso.

Grazie a questa visione di sviluppo della città, Alghero è riuscita ad essere tra le finaliste per il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2018, Capitale Mediterranea del Fair Play del 2018 ed è tuttora impegnata per l’ingresso nel network della città creative UNESCO, creato nel 2004 per favorire la cooperazione tra quelle città che hanno individuato la creatività come elemento strategico per lo sviluppo socioeconomico. Tale network ha come linea di intervento principale la condivisione di esperienze e la promozione di progetti in grado di fare sinergia tra il settore pubblico, quello privato e la società civile.

La pianificazione strategica, infatti, è stata posta alla base di un programma di lavoro che ha visto il coinvolgimento dell’intera città, fornendo importanti contributi di riflessione. Ciò ha creato quel clima di fiducia tra imprese, cittadini ed istituzioni che ha permesso di riscoprire e valorizzare l’identità territoriale e la vocazione alla costruzione di una città intelligente, sostenibile, ed inclusiva.

Del resto, le città nell’era digitale si ritrovano ad essere interconnesse con una rete globale che le proietta verso un miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa. Collaborando in rete possono offrire nuovi servizi ai propri cittadini, mutuando buone pratiche e scambiandosi le informazioni, operando come network e non come singole città.

Con lo sviluppo del web, infatti, è oggi più semplice permettere una facile interazione tra cittadini e istituzioni. I nuovi istituti introdotti dai recenti interventi legislativi[5] intendono la trasparenza come “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.

Ciò rappresenta senza dubbio un’esaltazione dei principi democratici in quanto promuove nuove relazioni con i cittadini, che possono operare quel controllo sulle azioni degli amministratori e misurarne il valore derivante dall’attività di governo.

Anche il Ministro della Funzione Pubblica[6] sull’attività di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni, nel nuovo assetto normativo ha evidenziato come “la comunicazione pubblica cessa di essere un segmento aggiuntivo e residuale dell’azione della pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte integrante, così come accade da decenni alle imprese che agiscono nel mercato dei prodotti e dei servizi”.

La filosofia Open Government Data continua a diffondersi sempre più massicciamente, con l’obiettivo di ottenere un accesso più semplice ed immediato ai dati della pubblica amministrazione, consentendone l’accessibilità anche alle persone con disabilità, facendo così partecipare più attivamente i cittadini alle politiche pubbliche, esprimendo giudizi e svolgendo un ruolo attivo nella governance locale.

Inoltre, migliori livelli di efficacia potranno derivare dalle prospettive di analisi dei Big Data finalizzate a supportare la governance locale nel prendere le decisioni. Così, i servizi offerti potranno essere basati sui fabbisogni dei cittadini e realizzati sulla base delle necessità evidenziate grazie all’uso delle nuove tecnologie.

In questo ambito di grande condivisione e partecipazione si è sviluppato il progetto denominato Sistema Integrato di Ospitalità (SIO), inserito nella cornice del Piano Strategico del Turismo della cittadina catalana, che presuppone un raccordo con le Politiche di valorizzazione dei beni e patrimonio culturale, archeologico ed ambientale, stabilite dal Documento Unico di Programmazione del Comune di Alghero.

All’interno di questa metodologia è stato inserito anche il progetto Smart Tourism Destinations, con l’ambizione di attivare le sinergie necessarie per promuovere la trasformazione del patrimonio culturale e naturalistico in elementi fondanti di sviluppo economico. La progettazione partecipata tra mondo accademico, pubblica amministrazione e sistema delle imprese rappresenta la chiave di volta di questo processo di Open Innovation.

Sviluppo territoriale, innovazione tecnologica, turismo digitale e cyber security, sono stati gli argomenti di riflessione, a cui si sono uniti dei laboratori sul grado di digitalizzazione dell’offerta turistica algherese promossi dal DUMAS e indirizzati agli operatori dei servizi. Allo stesso modo, sono state programmate azioni di co-progettazione territoriale creativa con il comparto produttivo che hanno risposto all’esigenza di offrire prodotti turistici innovativi e capaci di adattarsi a una domanda in continua evoluzione.

In particolare, questo approccio condiviso e partecipato era già stato impiegato positivamente in occasione del progetto Compétitivité et Innovation des Entreprises del Villes Portuaires (CIEVP), realizzato nell’ambito del Programma europeo di Cooperazione Transfrontaliera Interreg Italia – Francia “Marittimo” 2014-2020, per lo sviluppo di un sistema imprese/territorio attrattivo e orientato verso un modello di offerta turistica sostenibile, organizzata in modalità sistemica e veicolata attraverso strumenti digitali.

Questi temi sono, altresì, coerenti con i contenuti del Piano Strategico Alghero 2020, recentemente aggiornato, il quale cerca di immaginare una Città amabile per i propri cittadini, attraente verso l’esterno e con uno sguardo e una preoccupazione costante per le generazioni future.

Fin dalla sua prima elaborazione, il piano strategico “Alghero 2020 – la città amabile – un’isola della qualità, un arcipelago delle relazioni, una terra delle innovazioni”, ha posto come obiettivo prioritario l’esigenza di immaginare un futuro sostenibile per la propria comunità, in grado di coniugare sviluppo economico ed equità sociale.

Il Piano, articolato in cinque linee strategiche, disegna un percorso orientato ad una città accogliente, socialmente coesa, capace di coniugare tradizione ed innovazione, saper fare e creatività. L’iniziativa è nata come progetto di un’intera comunità; scommettendo sulla possibilità di costruire in maniera partecipata gli strumenti per realizzarlo.

Secondo la medesima logica, nel tentativo di raccontare digitalmente alcuni aspetti della cultura algherese, è stato prospettato un approccio interdisciplinare volto a coniugare le conoscenze proprie delle scienze territoriali con quelle delle scienze umanistiche. A tal fine, è stato costituito un gruppo di ricerca interdisciplinare, composto da geografi e umanisti, che ha rappresentato i risultati della ricerca in una piattaforma di idee sotto forma di poster.

Il carattere multidisciplinare e interdisciplinare è stato favorito in una prospettiva che ambisce a produrre innovazione attraverso l’interazione tra gli ambiti apparentemente lontani e non sempre dialoganti. Grazie alle nuove applicazioni digitali, infatti, è possibile creare nuovi prodotti turistici, come neo-luoghi che consentono “la visita a distanza di siti archeologici, musei virtuali, oltre ad offrire foto e materiale documentario provenienti da istituzioni o singoli utenti” (Mazzola, 2018, pag. 9).

In particolare, nell’ambito del convegno Smart Tourism Destinations-Alghero Smart Lab sono stati proposti alcuni itinerari culturali identitari nel territorio di Alghero attraverso LoQual Explorer[7]. L’approccio interdisciplinare che ha caratterizzato il laboratorio ha portato alla creazione di due itinerari diversi nel territorio algherese, incentrati su una tematica specifica (rispettivamente religiosa e cinematografica). Il sistema d’informazione turistica LoQual Explorer è un modello geo-economico di potenziamento del comparto turistico applicabile al territorio (Mariotti et al., 2016, pag. 435): è il frutto di un gruppo di ricerca attivo presso il dipartimento DUMAS e ha visto una prima fase di realizzazione nel quadro del summenzionato progetto transfrontaliero CIEVP.

Il risultato è stato quello di valorizzare attrattive locali meno conosciute che potessero contribuire a creare un’offerta turistica variegata e fruibile tutti i giorni dell’anno. Il racconto digitale del territorio è il risultato di un approccio insieme tecnologico, economico e umanistico capace di rendere la città protagonista di storie e narrazioni identitarie che trovano espressione negli itinerari proposti, sintesi di conoscenza, cultura e creatività.

Lo stesso tipo di approccio potrebbe permettere, oltretutto, di mettere il territorio algherese in relazione con altre realtà della rete metropolitana di Sassari che condividono elementi caratterizzanti comuni, creando reti di cooperazione sovralocale.

 

Dall’idea al racconto del territorio: il percorso di sviluppo laboratoriale

L’esperimento laboratoriale che ha visto coinvolti alcuni studenti del corso di dottorato in “Culture, Letterature, Turismo e Territorio” del Dipartimento di scienze umanistiche e sociali – DUMAS dell’Università di Sassari, ha rappresentato un’occasione formativa di rilievo sia per i dottorandi che per gli stakeholders pubblici e privati del progetto CIEVP (localizzati nell’area di studio algherese) che hanno preso parte al convegno Smart Tourism Destinations-Alghero Smart Lab. Il laboratorio ha permesso, infatti di prendere coscienza delle dinamiche che si generano (in termini positivi, come opportunità e valore aggiunto, ma anche in termini negativi, come difficoltà e ostacoli da superare), quando si mette in pratica la “progettazione partecipata” (Amendola, 2009; Argano, 2012) in un contesto operativo reale, definito e attuale come quello rappresentato dal progetto CIEVP, all’interno del quale è stato sviluppato il concept progettuale del sistema informativo LoQual Explorer.

Al fine di inquadrare adeguatamente le attività del laboratorio sperimentale e – soprattutto – i risultati (outputs) a cui si è giunti, sarà opportuno chiarire brevemente i punti salienti del framework operativo nel quale è stato condotto l’esperimento alla luce dell’impianto teorico adottato.

 

Il racconto del territorio: dalla strategia informativa agli itinerari concreti

Il progetto CIEVP ha fatto propri i risultati della ricerca scientifica, elaborando ed implementando “un modello geo-economico di sviluppo territoriale dove la competitività di beni e servizi di eccellenza (locali, ben fatti e autentici) viene resa accessibile attraverso una piattaforma informativa i cui punti di accesso sono i nodi di una rete di imprenditori (ristoratori, produttori agroalimentari, artigiani, commercianti, operatori del settore turistico) selezionati per la qualità dei prodotti offerti”, come delineato nel relativo Piano d’Azione[8] (d’ora innanzi “Piano CIEVP”) (Mariotti, 2017).

Tra i prodotti (outputs) del progetto, l’ideazione del sistema informativo LoQual Explorer, ha rappresentato un risultato di notevole rilievo ed è divenuto il punto di partenza su cui impostare il confronto interdisciplinare all’interno dell’esperimento laboratoriale tenutosi presso il DUMAS nell’ambito delle iniziative del convegno Smart Tourism Destinations. In questa cornice di ideazione e sviluppo del sistema informativo, il laboratorio interdisciplinare ha voluto dare vita a una prima esplorazione di alcuni, possibili, ambiti informativi di applicazione del sistema LoQual Explorer complementari al “nocciolo duro” (core concept): al centro del sistema si colloca, infatti, l’informazione turistica attinente al comparto enogastronomico e agroalimentare.

Alla base dell’ideazione dello strumento informativo troviamo una vera e propria strategia, secondo la quale il momento di attesa al tavolo del ristorante “di qualità” diventa un momento cruciale per la trasmissione di informazioni connesse all’esperienza che il fruitore è in procinto di fare: innanzitutto consentirà al turista di acquisire informazioni dettagliate (e in modalità multilingua) sulle pietanze e gli ingredienti impiegati “approfondendo la conoscenza di quelle materie prime dalla qualità ambientale certificata provenienti dal territorio circostante” (Mariotti, 2017, pag. 7). Se questo è il primo step della strategia informativa alla base del sistema, la stessa prevede – già dalla sua prima ideazione – ulteriori sviluppi in contesti informativi differenti dell’enogastronomia e dell’agroalimentare.

Sin nelle prime fasi di ideazione dello strumento venne, infatti, prevista la possibilità di acquisire altri tipi di informazione “parallelamente alle informazioni a carattere enogastronomico” (Mariotti, 2017, pag. 7). L’idea progettuale Loqual Explorer guarda oltre la sola informazione enogastronomica – il core del sistema e della strategia informativa, lo ribadiamo – e vorrebbe aprirsi agli “antichi saperi, elementi territoriali storici-paesaggistici” (Mariotti, 2017, pag. 8).

È in questo specifico contesto operativo che è, perciò, necessario inquadrare l’esperienza laboratoriale al centro del presente studio. Tenendo conto delle limitazioni operative (in particolare il fattore tempo), l’esperimento non poteva che avere un carattere puramente esplorativo: sia dei possibili contenuti non enogastronomici e non agroalimentari con cui arricchire l’apporto informativo del sistema, ma anche delle reali condizioni di collaborazione con gli stakeholders del territorio con cui si attua la progettazione partecipata.

Attraverso il laboratorio interdisciplinare si è voluto, perciò, fare una prima esplorazione di possibili percorsi di conoscenza territoriale (Gemignani, 2011; Romei & Petrucci, 2003, pagg. 59–63; Voghera et al., 2015) producendo dei risultati da trasmettere, successivamente,  ai professionisti della comunicazione digitale (Rosati et al., 2014; Rosati & Resmini, 2011): questi avranno il compito di tradurre la conoscenza esperta raccolta durante il laboratorio grazie agli “esperti di dominio” (Berini & Guida, 2000) partecipanti al laboratorio – in informazione veicolabile al turista attraverso il sistema Loqual Explorer.  

Per avere una prima idea degli steps successivi che gli sviluppatori del sistema Loqual Explorer dovranno affrontare con la conoscenza esperta sarà utile guardare ad un contesto operativo simile al nostro, ossia la progettazione dell’applicativo denominato “Cicerone 2.0”[9]: questo applicativo è stato sviluppato come parte di un progetto più ampio (denominato “INMOTO – Information MObility for TOurism”[10]), adottando strumenti di progettazione propri dello sviluppo software e del design dell’informazione come i “diagrammi d’uso” (Use Diagrams) e i “casi d’uso” (Use Cases) che sono stati redatti in un linguaggio iconico formalizzato denominato UML (Unified Modelling Language).

Il nostro laboratorio, considerati gli scopi e il reale contesto operativo, rappresenta il passo precedente all’utilizzo di questi strumenti: è stata raccolta la conoscenza esperta nei tre domini selezionati (geografia, storia del cinema e religiosità popolare), facendo anche uso di rappresentazioni grafico-iconiche, oltre che testuali, ma con un basso grado di formalizzazione: il risultato sono stati gli schemi denominati “diagrammi d’itinerario” e presentati agli stakeholders interessati durante il convegno algherese.

 

Racconti digitali reticolari: nuovi turismi, smartness e territori plurali

Negli ultimi decenni – come evidenziato da Mangano e Ugolini (2017) in un contesto di analisi molto simile al nostro – due elementi hanno caratterizzato le dinamiche del settore turistico: da un lato questi ha visto confermare il trend di crescita e, dall’altro, questi ha subito delle rilevanti trasformazioni nelle caratteristiche della domanda; ciò soprattutto “in relazione a nuove richieste e modalità di fruizione delle risorse [turistiche, Ndr.]” (Mangano & Ugolini, 2017, pag. 9). Ad oggi, la profonda trasformazione in atto è confermata, negli studi dedicati al settore, anche dalla necessità dell’introduzione di concetti ed etichette nuovi: questi tentano di individuare e definire le novità che toccano, in particolar modo, l’esperienza di fruizione utilizzando espressioni varie come “turista attivo”, “esperienzialità” ed “emozione” (ibid.).

Il modo in cui questa trasformazione incide anche sulla proposta e fruizione di percorsi e itinerari turistici è preso in esame da Podda, Camerada e Lampreu  (2016); gli autori – a partire dallo specifico legame tra questa modalità di fruizione itinerante e l’utilizzo di strumenti cartografici – guardano al rapporto tra territorio, prodotti locali e turismo, sottolineando il crescente ruolo dei nuovi turismi e l’affermazione, in particolare, del turismo “rurale” e di quello “culturale”. Far riferimento al concetto di turismo culturale e – di conseguenza – al concetto di “cultura” in maniera univoca è tutt’altro che semplice; se poi li esaminiamo dal punto di vista dell’attività al centro del laboratorio sperimentale (ossia la progettazione di itinerari turistici “culturali”) appare evidente la difficoltà di una definizione univoca. Come sottolinea Beltramo (2013, pag. 16), infatti, “l’interpretazione degli itinerari culturali è molteplice e varia a seconda degli obiettivi ultimi del soggetto che li promuove”. Un concetto del tutto simile è espresso, parlando di cultura e di progettazione culturale in senso ampio, da Argano (2012) quando mostra come siano molteplici i punti di vista di cui tenere conto e molteplici le teorie e definizioni prodotte da soggetti molto diversi (in ambito scientifico, delle industrie culturali e da parte dei legislatori in Italia e in Europa).

Nel nostro caso è particolarmente utile guardare, in primo luogo, alla cultura “localizzata”; ossia agli elementi strutturati nel sistema di relazioni che costituiscono il “complesso di beni e saperi che contraddistingue popoli e aree geografiche“ (Amoretti & Varani, 2016, pag. 248); elementi, relazioni e processi che sono espressione di un territorio specifico, che sono cioè localizzati in un’area definita e delimitata[11] e che hanno una duplice natura: materiale e immateriale. Queste componenti giocano un ruolo fondamentale nel caratterizzare il territorio come “complesso sistema di relazioni fra comunità insediate (e loro culture) e ambiente” (Magnaghi, 2000, pag. 61, corsivo nostro).

Il territorio – tra astrazione relazionale e concretezza spaziale – diventa perciò un bene culturale in sé, un insieme culturale complesso (Lupo, 2009, ripreso da Argano, 2012), ovvero il concreto contenitore spaziale di un articolato capitale culturale territoriale che va:

inteso dinamicamente come insieme complesso degli elementi disponibili del territorio sul piano materiale e immateriale, che si evolvono ed arricchiscono nel tempo creando un legame tra passato e futuro, determinano la dimensione culturale e costituiscono la ricchezza implicita ed esplicita in termini di specificità del territorio in questione (Argano, 2012, pag. 62).

Il territorio nel suo complesso è sempre più al centro dell’offerta turistica e, come ci ricorda Giannone (2004) e come ravvisano Meini e Nocera (2012), dal punto di vista del Destination Marketing si è progressivamente consolidato il concetto-guida di “prodotto-territorio”: se dal lato della domanda si cerca sempre più l’esperienza immersiva nella complessità culturale del territorio visitato, dal lato dell’offerta le comunità, gli enti locali, le imprese e il mondo della ricerca (come nel nostro caso) sono chiamati a cooperare per mettere sul mercato il sistema competitivo dell’offerta turistica.

La sintesi che è ormai necessario trovare nella concezione del territorio come prodotto turistico, è espressa con chiarezza da Mariotti et. al (2016) evidenziando che:

nell’era di Internet e della globalizzazione, il territorio non può essere inteso solo come uno spazio astratto e teorico costituito da paesaggi, ma come un “prodotto complesso”, la cui attrattività dipende dalla quantità, qualità e tipologia di risorse disponibili – di natura tangibile e intangibile – e dalla capacità di poter convertire le stesse in fattori di competitività (Mariotti et al., 2016, pag. 219).

Meini e Nocera (2012) considerano, inoltre, opportuno (in un contesto operativo, ancora una volta, molto simile al nostro) pianificare quelli che chiamano “geo-itinerari”: percorsi che permettano al visitatore di farsi “un’immagine organica penetrando nello spirito dei luoghi e apprezzando i valori estetici e culturali dei paesaggi agrari” (Meini & Nocera, 2012, pag. 309). Gli esempi che richiamano sono quelli, ormai consolidati, delle “vie del gusto” o “strade dei sapori” e, in particolare, delle “strade del vino”.

Evidentemente, è possibile concepire dei geo-itinerari anche nel contesto urbano, connettendo poi l’esperienza urbana all’esperienza del territorio circostante: la strategia informativa di LoQual Explorer, da questo punto di vista, mostra tutta la sua forza e capacità connettiva creando delle relazioni narrative tra l’esperienza al tavolo del ristorante con la produzione agroalimentare del territorio e richiamando insieme la dimensione enogastronomica con le altre dimensioni del capitale culturale territoriale.

A partire da queste considerazioni, si potrà procedere alla selezione degli elementi materiali e immateriali utili alla composizione di uno o più itinerari culturali; elementi selezionati che diventeranno i “poli di attrazione” (cfr. Beltramo, 2013), ossia gli highlights (volendo utilizzare un diffuso anglicismo), di ciascun itinerario: una selezione da realizzarsi chiamando a raccolta esperti degli ambiti culturali prescelti, come nel caso del nostro laboratorio sperimentale. Nella progettazione degli itinerari, d’accordo con Meini e Nocera (2012), è opportuno adottare un adeguato approccio spaziale richiamando alcuni aspetti della teoria delle reti e della teoria dei grafi: parleremo perciò di “nodi” per i poli di attrazione e di “archi” per i differenti possibili percorsi che vi ci conducono. Sottolineano infatti Meini e Nocera che:

Oltre alle risorse da selezionare e alle narrative da proporre, che rappresentano gli aspetti paesaggistici e territoriali di un itinerario di questo tipo, sono dunque di rilevante importanza anche gli aspetti più propriamente spaziali che consistono nella struttura topologica e nella configurazione topografica dell’itinerario per la cui definizione, analisi e gestione ci si avvale utilmente dei sistemi informativi geografici (M. Meini & Nocera, 2012, pag. 310, corsivo nostro).

Nella loro proposta per “l’individuazione in ambiente GIS di criteri e linee guida da seguire nella progettazione di itinerari turistici in paesaggi agro-culturali” (M. Meini & Nocera, 2012, pag. 319) un ruolo rilevante sarà, perciò, giocato dalla possibilità di effettuare delle analisi multicriterio per la ricerca dei percorsi ottimali di collegamento dei nodi rappresentati dai poli di attrazione; poli che gli autori etichettano come “POI” (Points Of Interest) degli itinerari. Lo stesso approccio reticolare (con un identico richiamo della teoria delle reti e della teoria dei grafi) è ravvisabile in Cantone et al. (2015) che descrive l’esperienza del progetto Or.C.He.S.T.R.A[12]., il cui scopo è incarnare “in un unico sistema tecnologico aperto i molteplici elementi che articolano la complessità prevista dal paradigma della Smart City” (Cantone et al., 2015, pag. 135).

Nel complesso scenario reticolare delle Smart Cities, i due itinerari proposti dagli esperti degli ambiti culturali (“domini di conoscenza”, se adottiamo la prospettiva ontologico-informatica di Berini & Guida, 2000) selezionati nel nostro laboratorio, costituiranno la trama di un racconto (narrazione, narrativa o storytelling territoriale, che dir si voglia) la cui funzione sarà la restituzione al visitatore di alcune dimensioni e sfaccettature culturali del contesto territoriale considerato, ossia quello della città di Alghero.

 

C’era una volta ad Alghero: una riflessione sul film-induced tourism e le sue potenzialità

È ormai risaputo che le produzioni audiovisive generano importanti ricadute economiche sui territori. Oltre a quelle più ovvie e immediate (ad esempio acquisti legati ai beni e ai servizi) esistono anche delle ricadute il cui effetto dura nel tempo, come la manifestazione di flussi turistici incentivati dalla rappresentazione del territorio veicolata da un dato film. Il cosiddetto film-induced tourism indica, per l’appunto, tutte quelle forme di turismo stimolate dalla produzione cinematografica. In italiano, spesso si utilizza al suo posto il termine cineturismo (Cucco & Richeri, 2013, pag. 109).

Il cineturismo, come verrà spiegato più avanti, sta iniziando a diffondersi anche nel territorio di Alghero. Considerando lo stretto legame che, a partire dalla metà degli anni Sessanta, intercorre tra Alghero e il mondo del cinema, non sarebbe azzardato affermare che, per tale territorio, il cinema rappresenta un elemento identitario forte ma, purtroppo, spesso trascurato dalle imprese turistiche.

La storia di Alghero e quella del cinema si intrecciano per almeno due ragioni. La prima riguarda il Meeting del cinema, nato a Capo Caccia e promosso dal 1965 dalla Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, durante il quale si proiettavano film sulle spiagge e venivano ospitati giornalisti, registi e attori di fama nazionale e internazionale, come Dino Buzzati, Luciano Salce, Nino Manfredi, Monica Vitti, Bibi Andersson e Anita Ekberg (Rondello, 2018).

La seconda ragione riguarda le numerose location cinematografiche presenti nel territorio di Alghero. Sempre dalla seconda metà degli anni Sessanta, infatti, la città catalana e le zone circostanti hanno attirato l’attenzione di diverse produzioni cinematografiche e sono state usate come set di film italiani e internazionali (Tabella 1). Tra tali produzioni, è doveroso ricordare La scogliera dei desideri di Joseph Losey, sceneggiato da Tennessee Williams, con Liz Taylor e Richard Burton. La pellicola è stata girata interamente a Capo Caccia, in particolare sulla scogliera di Cala Barca, dove ancora oggi sono visibili i resti della villa costruita appositamente per il film.

Capo Caccia ha ospitato anche le riprese di I protagonisti di Marcello Fondato, nel 1968, con Sylva Koscina e Jean Sorel, e il celebre 007, la spia che mi amava, di Lewis Gilbert, nel 1977, con Roger Moore. In quest’ultimo, nello specifico, la spettacolare scena di inseguimento a bordo della macchina Lotus Esprint è stata girata negli ultimi chilometri della strada per Capo Caccia.

Molte sequenze del cult movie di Sergio Martino L’isola degli uomini pesce, con Barbara Bach, sono invece state girate all’interno della famosa Grotta di Nettuno e, più precisamente, nel lago Lamarmora, in cui sono stati costruiti un laboratorio scientifico e una piccola nave.

Alla luce di questi elementi, nell’ambito del convegno Smart Tourism Destinations, è stata discussa la possibilità di creare un itinerario cinematografico fruibile dai turisti attraverso appositi supporti tecnologici. La proposta si rivela più che mai attuale, se si considera che il fenomeno delle movie map diventa sempre più diffuso. Nello specifico, si tratta di “itinerari che invitano il turista-spettatore a ripercorrere una serie di luoghi in cui è stato ambientato un dato film […] oppure a riscoprire una molteplicità di location apparse sul grande schermo” (Cucco & Richeri, 2013, pag. 115).

Film Location
La scogliera dei desideri (J. Losey, 1968) Capo Caccia, Isola Foradada, Cala Barca
I protagonisti (M. Fondato, 1968) Capo Caccia, Villaggio di Capo Caccia
Barbagia. La società del malessere(C. Lizzani, 1969) Fortino Scalo Tarantiello
A come Andromeda (V. Cottafavi, 1972) Belvedere dell’Isola Foradada, Grotte di Nettuno
007, la spia che mi amava (L. Gilbert, 1977) Strada Capo Caccia
The Black Stallion (C. Ballard, 1979) Cala Barca, Punta Cristallo
L’isola degli uomini pesce (S. Martino, 1979) Grotta di Nettuno
Aprile (N. Moretti, 1988) Le Bombarde
Travolti dal destino (G. Ritchie, 2001) Centro storico, Banchina Dogana, Molo Rizzi
La rapina perfetta (R. Donaldson, 2008) Lazzaretto, Maria Pia
Chi salverà le rose? (C. Furesi, 2017) Tenuta Bonaria, Torre Sulis

Tabella 1. I film girati nel territorio di Alghero

In effetti, il legame tra Alghero e il cinema non risulta cristallizzato nel passato ma, al contrario, si fa sempre più stabile, soprattutto per merito della Società Umanitaria di Alghero che, tra i tanti progetti, ha ideato nel 2009 la rassegna Cinema delle Terre del Mare diventata Festival nel 2018, patrocinata dall’amministrazione comunale e sostenuta dalla Fondazione Alghero e dalla Fondazione Sardegna Film Commission.

Scopo del Festival è “recuperare il passato illustre del Meeting nato a Capo Caccia più di 50 anni fa e rilanciare la candidatura di Alghero città del cinema. Set di produzioni importanti e di eventi di respiro internazionale”[13].

Si tratta di un “Festival itinerante per cinefili in movimento”[14] in cui le spiagge più belle della Riviera del Corallo e alcuni dei luoghi più suggestivi della città fanno da cornice alle proiezioni e agli eventi collaterali. Il cinema d’autore, ma anche quello indipendente, incontra il teatro, la cinematica, i buoni libri, la musica e nuove forme di promozione del territorio.

La Società Umanitaria ha infatti trasformato il progetto di un tour cinematografico in realtà, sperimentando, a partire dall’edizione del 2018, insieme ad A S’Andira (Agenzia di servizi per il turismo culturale in Sardegna) degli itinerari di cineturismo.

La formula prevede due movietour – uno a piedi dentro e fuori le mura del centro storico e uno a bordo di un bus panoramico lungo la costa – che accompagnano i partecipanti nei luoghi che hanno fatto da sfondo ai grandi film e che hanno ospitato manifestazioni cinematografiche e televisive importanti[15].

Ciò dimostra come gli itinerari turistici di tipo cinematografico possano rappresentare una forma di promozione del territorio concreta ed efficace, seppure ancora poco sfruttata nel territorio sardo.

L’itinerario proposto può facilmente attirare un tipo specifico di turista, ovvero quello che viene definito general film induced, un turista che “pur non essendo motivato a visitare la location dalla conoscenza del film, una volta in loco sceglie di partecipare alle attività relative, anche per il desiderio di arricchire il proprio bagaglio culturale” (Lavarone, 2016, pag. 25). Le motivazioni possono cambiare a seconda del film: possono essere legate al Place, ovvero “alle caratteristiche della location, ai suoi attributi in quanto destinazione turistica” (ibid.), o alla Performance, ovvero alla trama o agli aspetti di genere, come potrebbe avvenire per l’horror L’isola degli uomini pesce. Infine, le motivazioni possono dipendere dalla Personality nel caso in cui i turisti vengano attirati “dal culto del personaggio oppure dell’attore” (ibid.), come, nel nostro caso, Liz Taylor e Richard Burton in La scogliera dei desideri, Madonna in Travolti dal destino e Roger Moore nella sopracitata pellicola della saga di James Bond.

 

 

Il Cant de la Sibil·la e i gosos: appunti storici e musicologici per un turismo religioso nel territorio di Alghero

All’interno del patrimonio devozionale e musicale sardo, la città di Alghero può vantare due tradizioni plurisecolari di notevole interesse: il Cant de la Sibil·la o Senyal del Judici, unicum in Sardegna, e i gosos, diffusi in tutta l’Isola. Entrambi i canti, per origine e storia, inseriscono la città all’interno di un più ampio panorama culturale europeo e lasciano ipotizzare prospettive di sviluppo territoriale basate sulla valorizzazione e promozione delle pratiche devozionali locali[16].

Tale direzione si coniuga con un crescente interesse, dimostrato negli ultimi anni dalla Regione Autonoma della Sardegna, verso lo sviluppo di un turismo esperienziale, destagionalizzato e diffuso, che valorizzi il patrimonio materiale e immateriale isolano – costituito da cammini agiografici e pellegrinaggi, beni artistici e architettonici, manifestazioni paraliturgiche. Il progetto regionale Cultura Religiosa e Turismo del 2012, prospettava nelle sue linee guida, infatti, la realizzazione di itinerari di pellegrinaggio, con l’obiettivo di “inserire la Sardegna nell’ambito di reti e percorsi nazionali ed internazionali in grado di generare un’offerta turistica religiosa strutturata, capace di attrarre importanti flussi soprattutto in periodi di bassa stagione, e sostenere eventi e manifestazioni a forte connotazione identitaria specie se caratterizzati da elementi di aggregazione e di coordinamento territoriale” (Progetto Cultura Religiosa e Turismo “Itinerari dello Spirito”, 2013, p.4)[17]. A riprova di un sempre vivo interesse regionale verso un turismo identitario, culturale e devozionale, il 3 dicembre 2020 si è tenuto a Sant’Antioco il convegno Cammini e luoghi di pellegrinaggio della Sardegna. Orientamenti nazionali e prospettive regionali, all’interno del quale è stato sottoscritto un protocollo di rete tra la RAS e i comuni iscritti nel Registro dei Cammini e luoghi di pellegrinaggio della Sardegna (in totale sette: oltre a Sant’Antioco, anche Galtellì, Luogosanto, Laconi, Gesturi, Dorgali e Orgosolo).

A livello nazionale e mondiale, del resto, i numeri che interessano il turismo religioso sono notevoli, tanto che “Secondo una ricerca dell’Isnart, in Italia il settore movimenta in media, ogni anno, 5,6 milioni di visite di pellegrini (3,3 milioni di presenze straniere e 2,3 milioni italiane)”, e arrivano a coinvolgere “circa 300 milioni di persone in tutto il mondo per un valore complessivo, secondo i dati Wto (World tourism organization), di 18 miliardi di dollari”[18].

Concentrandoci in questa sede sul patrimonio devozionale e musicale del territorio di Alghero, le sue peculiarità e potenzialità si procederà, dunque, a fornire un breve inquadramento storico del Cant de la Sibil·la e dei gosos, individuati come primo oggetto di interesse, nella prospettiva futura di: realizzare una proposta turistica strutturata e trasversale, che coniughi il patrimonio materiale e immateriale locale; sviluppare un’offerta culturale destagionalizzata, legata ai diversi momenti dell’anno liturgico (si pensi anche ai riti della Setmana Santa, non presi in considerazione in questo lavoro, culminanti nel Desclavament e nelle celebrazioni della Domenica di Pasqua); diversificare i flussi turistici; delineare itinerari religiosi e percorsi di pellegrinaggio che si avvalgano del sistema informativo LoQual Explorer; identificare possibili “reti di cooperazione sovralocale”, regionale, nazionale o internazionale.

Il Cant de la Sibil·la. Le prime attestazioni, in greco e latino, del testo profetico ed escatologico del Canto della Sibilla risalgono al IV secolo[19]; nei secoli successivi, il canto conobbe un’enorme diffusione europea – dalla penisola iberica alle Baleari, Francia, Italia, sino all’Austria, Croazia, Malta, e persino Inghilterra – culminata tra il XIII e XV secolo con le prime traduzioni in diverse lingue romanze (catalano, provenzale, castigliano). In seguito al Concilio di Trento (1545-1563) fu vietata quasi ovunque la sua esecuzione liturgica, decretandone la scomparsa[20].

In tale quadro, la tradizione algherese del Cant de la Sibil·la, o Senyal del Judici, assume particolare importanza e rilievo: il canto, infatti, arrivato ad Alghero in seguito alla conquista aragonese del centro (1354), è eseguito tutt’oggi nella cattedrale di Santa Maria, la sera del 24 dicembre “da un canonico, in piviale bianco, affiancato da due chierichetti, uno con la spada, emblema della giustizia divina, e l’altro col bordone d’argento, simbolo dell’autorità capitolare” (Mele, 2013, p. 342).

Il testo in catalano è tramandato, con alcune varianti, da due manoscritti ottocenteschi: 1) Alghero, Archivio Storico Diocesano, Fondo del Capitolo, ms. 7.2.1, 1820, musica con neumi su tetragramma ai ff. 2r-3v[21]; 2) Cagliari, Biblioteca Universitaria, Fondo Baille, ms. S.P. 6 bis, 2.11, 1809, senza neumi[22]. Altre tre trascrizioni posteriori, inoltre, sono inserite nella Raccolta Nughes, Alghero (Mele, 2013).

Per comprendere le vicende che differenziarono storicamente il canto algherese, resta fondamentale il terzo sinodo della diocesi di Alghero, celebrato nel 1581 dal vescovo Andrea Bacallar. Il decreto al suo interno, De la música de la Iglésia vietava, infatti, l’esecuzione in chiesa – specialmente durante la celebrazione degli Uffici divini – di qualsiasi composizione in versi, ad eccezione di alcune strofe spirituali, cobles spirituals, cantate nei Mattutini di Natale. Con tale collocazione liturgica si faceva riferimento appunto al Senyal del Judici, del quale se ne permetteva il canto[23]. Diversamente, nei due sinodi precedenti del 1567-1570 e 1572, celebrati dal vescovo Pietro Frago, non si riscontra alcun riferimento al Canto della Sibilla[24].

Non mancano nei tre decreti della diocesi, del 1567-1570, 1572, e 1581, tuttavia, ulteriori dati di interesse storico-musicale per il XVI secolo. Nel già citato decreto del 1581, De la música de la Iglésia, il riferimento a “coses humanes y vanes, endemés a mescla dels officis divinals”, e il divieto fatto all’organista di “no sonar ballets, ni altres cansons profanes que saben moltes persones” attestano, infatti, il costume diffuso di eseguire canti profani e danze all’interno delle chiese della diocesi all’indomani del grande Concilio. Divieti analoghi sono presenti anche nel sinodo del 1572 che, oltre a prevedere una multa per il deposito nelle chiese di legumi, grano e bestiame, puniva chiunque fosse stato trovato nell’atto di ballare all’interno delle stesse: “Assi mesmo mandamos que ni en las iglesias ni en sus porches, no se hagan bayles ni otres exercicios deshonestos so pena de excomunion mayor [37r] ipso facto incurrenda, y de casa diez libras a quien hiziere lo contrario” (Virdis, 1985, pagg. 207–208, Constitucion synodal con que se provece que ninguno se atreva poner bestial ni grano ni bailar en las Iglias […]).

Il clero, ugualmente, non era esente da simili richiami: all’interno del sinodo del 1581, nel decreto De la vida y honestat dels ecclesiàstichs, si legge infatti “Odernam y manam que diguna persona ecclesiàstica […] se abstèngan de baills y de dances, axí en secret com en públich, ni vàjan a hont se balla, sots pena de ésserne molt ben castigats” (Nughes, 1990, pag. 321). Allo stesso modo, nel sinodo del 1567-1570 si invitavano i sacerdoti a non prendere parte a “juegos, vayles y desorden de comer” in occasione di feste popolari e pellegrinaggi (Virdis, 1984, pag. 291, Constitucion 26).

I gosos. In tale contesto, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, dovettero penetrare dalla penisola iberica anche i canti devozionali e paraliturgici noti come goigs, in catalano, e gozos, in castigliano. La prima attestazione in Sardegna del canto di gozos è del 1595, ed è contenuta nel libro Historia y milagros de N. S. de Buenayre, stampato a Cagliari dal religioso mercedario Antioco Brondo (Mele, 2017, pag. 238); sempre Brondo, nel 1604, rappresenta la prima notizia di goigs, con la stampa del testo per la Mare de Déu de la Mercè all’interno dell’opera Recopilaciones de las Indulgencias, gracias, perdones, estaciones, remisiones de pecados y thesoros celestiales (Mele, 2017, pagg. 238–239). Parallelamente a queste attestazioni, si registra la comparsa dei primi componimenti devozionali in sardo, legati soprattutto all’attività delle confraternite laicali.

Questo tipo di componimento è conosciuto in tutta l’isola con nomi differenti e testimonia la grande diffusione del genere: mentre gosos è il termine più affermato nell’area centro-settentrionale, nel meridione è attestato soprattutto gòcius. I loro versi cantano la vita e le opere dei santi, della Madonna e di Cristo; possono trattare inoltre altri motivi catechetici e devozionali.

I testi sono costituiti generalmente da una quartina introduttiva (pesada), un numero variabile di sestine di ottonari e un ritornello (torrada), mentre la melodia canonica, con la quale sono maggiormente diffusi, è “in tonalità maggiore, con una serie infinita di rielaborazioni e ‘varianti’, sovente trascritta in fa, ma anche in la, in sol o in do, con incipit melodico ascendente” (Mele, 2017, pag. 233). I canti sono tutt’oggi inseriti nelle celebrazioni di messe, novene e processioni.

Alla Madonna di Valverde – alla quale sono dedicate le celebrazioni che si svolgono la Domenica in albis e durante la festa liturgica del 26 maggio nel santuario campestre di Nostra Signora di Valverde – la devozione popolare dedica diversi gosos; in particolare:

  • i Gosos de nostra Señora de Vallverd, in algherese (incipit: Com la nostra Protettora; schema metrico: xyy1x1:abbaax:y1x1, sei sestine di ottonari), da intonarsi durante la novena[25];
  • i Gosos de Nostra Signora de Valverde, in sardo logudorese (incipit: Ses de Cristos aurora; schema metrico: xyy1x1:abbaax:y1x1, dieci sestine di ottonari). Cfr. Nughes (1994, pagg. 196–198), con facsimile a stampa del 1937[26].

Relativamente ad Alghero, Mele (2017) segnala, inoltre, i seguenti documenti: Cagliari, Archivio Storico, Biblioteca Generale e di Studi Sardi, Miscellanea Sarda H 021.120-211, contenente “un centinaio di fogli sciolti a stampa di goccius, gosos e goigs di Alghero, ma anche dalla Catalogna, sulla Madonna e i santi”[27].

Presentano, infine, la stessa struttura dei gosos anche la Cançó de Nostra Senyora de Vallverd e Lo colera morbus, entrambi in algherese: il primo, scritto dal poeta Francesco Ignazio Castellaccio, in occasione della siccità del 1882 (Nughes, 1994, pagg. 202–208); il secondo, in seguito alla diffusione del colera ad Alghero nel 1855 (Sechi Nuvole, 2019, vol. I, pagg. 132-133).

Reti di cooperazione e prospettive. Come per il Cant de la Sibil·la, l’esecuzione dei gosos rappresenta “un caso pregnante di fenomeno poetico-musicale dalla longue durée” (Mele, 2017, pag. 227), e costituisce un elemento peculiare, degno di tutela e valorizzazione, della religiosità popolare e dell’identità culturale, linguistica e musicale della città di Alghero.

La storia e la diffusione del Cant de la Sibil·la e dei gosos inseriscono naturalmente il territorio algherese nell’ambito di “reti di cooperazione sovralocale”: internazionale per il Senyal del Judici, conservatosi in Europa solo ad Alghero e nell’isola di Maiorca (si registrano, inoltre, recenti casi di recupero, es. a Barcellona); regionale e internazionale nel caso dei gosos che, originari della penisola iberica, sono eseguiti in numerosi centri della Sardegna, non solo nel contesto delle chiese campestri dell’Isola (oltre a Valverde, si pensi ad es. a Bitti, con Sas grobes de s’Annossata intonate nel santuario dell’Annunziata, la terza domenica di maggio, o a Sos gosos de Santu Lussoriu, eseguiti a Santu Lussurgiu il 21 agosto, per la festa del patrono), ma anche nelle principali città sarde (a Sassari sono cantati i gosos per la Vergine del Buon Cammino, celebrata la seconda domenica di agosto, mentre a Cagliari i Gòccius de sant’Efis, il primo maggio). Questi canti, inoltre, conducono sino in Catalogna dove i goigs catalani godono tuttora di grande vitalità e ricchezza di melodie – tant’è che ancora ne vengono composte di nuove – e nell’Occitania, dove il canto di goigs è inserito, ad esempio, nei siti di promozione turistica del comune di Sorède[28].

Valorizzare la tradizione di questi canti, delineare itinerari sostenibili e programmare un’offerta turistica religiosa competitiva, costituita da beni tangibili e intangibili (architettonici e artistici, devozionali e musicali) consentirebbe, dunque, alla città di Alghero di entrare a far parte di reti e percorsi regionali, nazionali e internazionali promossi dalla stessa Regione Autonoma della Sardegna e inserirsi, più in generale, all’interno di una domanda turistica crescente.

“È la scommessa del turismo esperienziale, legato non solo a fede e devozione popolare ma anche al benessere psico-fisico, al contatto con una cultura assolutamente originale” (Matta, in Congiu, 2018, pag. 13); un turismo, dunque, che riconosca la ricchezza del patrimonio religioso e devozionale locale e che porti il turista a interagire con la storia e le tradizioni del luogo.

 

Conclusioni

L’innovazione tecnologica legata ai progressi nei campi della digitalizzazione e all’introduzione dei social network nelle campagne di comunicazione e promozione in rete riguarda, primariamente ma non solo, gli strumenti a disposizione per la fruizione turistica e incide in tutte le fasi del “fare turistico”: la pianificazione, il viaggio, l’esperienza in loco e il ritorno[29]. In particolare, i concetti di “pervasività dell’informazione” e di “Ubiquitous Computing” (cfr. Garau, 2014) aiutano a comprendere la trasformazione in atto generata dalle ICT e il crescente ruolo della smartness nel turismo.

A tal proposito, Albanese e Graziano (2019, pag. 1487), richiamano la crescente “pervasività dei flussi informazionali” originata, appunto, dalla diffusione di una nuova cultura, letteralmente forgiata dalle ICT e dalla presenza costante di questi strumenti nell’esperienza che facciamo del territorio: una pervasività tale che – si rifanno a Paradiso (2003) – “innesca processi inediti di narrazione del territorio e (ri)costruzione della sua immagine in una interazione costante con la sfera virtuale”.

Il racconto del territorio, le cui trame – come abbiamo visto – possono tradursi in itinerari culturali, assume così una dimensione pienamente digitale: un racconto che può veicolare al turista-fruitore dati, informazioni e conoscenza territoriale in forma esperienziale, attraverso gli strumenti ICT mobili divenuti ormai ubiqui e filtro mediale della stessa esperienza turistica. L’informazione è la materia prima del racconto territoriale e la sua trama è necessariamente reticolare: Meini e Spinelli (2012)  sottolineano che l’informazione è un fattore strategico nella costruzione del prodotto turistico e che “la gestione dell’informazione sta diventando la scommessa del futuro per la competitività di un territorio; saper mettere in rete il proprio potenziale, in termini di risorse, di servizi offerti, di capacità di accoglienza diventa sempre più un fattore di attrazione e di possibile sviluppo” (Meini & Spinelli, 2012, pag. 329).

In una prospettiva geografica, come mette in evidenza Primi (2019), l’attenzione va riportata al protagonismo dei territori e alle opportunità per valorizzarli, coinvolgendo i turisti nella quotidianità e nello scambio e partecipazione con le comunità dei residenti, richiamando così i cardini del turismo esperienziale: unicità e autenticità dell’esperienza vissuta. Utile perciò guardare alle formule esperienziali che trasformano la vacanza “in un’esperienza di viaggio in cui l’ospite diventa cittadino temporaneo del borgo, protagonista delle esperienze vissute e storyteller del territorio” (Primi, 2019, pag. 3013). Ecco perciò – ancora una volta – l’importanza di trovare le giuste chiavi di lettura per raccontare il territorio e la cultura qui localizzata; per mostrarne le molteplici sfaccettature. Il laboratorio interdisciplinare realizzato nel contesto del convegno Smart Tourism Destinations Alghero Smart Lab ne ha voluto mettere in evidenza due, guardando alle specificità del territorio algherese e all’accessibilità dell’informazione: il volto della città nel cinema e la sua tradizione di religiosità popolare.

Declaration

Sebbene l’intera elaborazione e le conclusioni hanno costituito un lavoro comune, il paragrafo 1 è da attribuire a Vanni Martinez, il 2 ad Alberto Mario Carta, il 3 a Federica Piana e il 4 a Gloria Turtas.

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Carta A., Martinez V., Piana F. et al. (2021) Digital storytelling of the territory. Tourism development opportunities from film tourism and sacred music for the city of Alghero. EATSJ - Euro-Asia Tourism Studies Journal, Vol.2021, ( Special Issue in Italian ). https://doi.org/10.58345/CVBQ7868.

Received: | Accepted: | Published online: 28 November 2021
Volume: 2021 | Issue: Special Issue in Italian |

DOI: https://doi.org/10.58345/CVBQ7868

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Authors


AC

Alberto Mario Carta (Corresponding author)
DUMAS, Università degli Studi Sassari (Italy)


VM

Vanni Martinez
DUMAS, Università degli Studi Sassari (Italy)


FP

Federica Piana
DUMAS, Università degli Studi Sassari (Italy)


GT

Gloria Turtas
DUMAS, Università degli Studi Sassari (Italy)

Digital storytelling of the territory. Tourism development opportunities from film tourism and sacred music for the city of Alghero by Alberto Mario Carta, Vanni Martinez, Federica Piana, Gloria Turtas is licensed under Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International