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JOURNAL OF EURO ASIA TOURISM STUDIES

VOLUME III – December 2022
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Tourism between Tradition, Sustainability, and Innovation in North-Western Sardinia

Premessa

In una realtà come quella della Sardegna Nord Occidentale parlare di turismo tra tradizione, sostenibilità e innovazione potrebbe sembrare scontato, considerato il ruolo ragguardevole che dalla metà del XX secolo hanno avuto località balneari “simbolo” come Alghero, Stintino e Castelsardo, dotate di non comuni attrattive paesaggistiche ma mediocremente attrezzate. Questa porzione di territorio, ricadente nelle sub-regioni geostoriche della Nurra, dell’Anglona e del Logudoro, dal secondo dopoguerra in poi ha rappresentato una delle più importanti realtà turistiche regionali, grazie alla presenza e vicinanza del porto di Porto Torres e dell’aeroporto di Alghero-Fertilia vantando, nel tempo, funzioni di eccellenza per il supporto al turismo balneare in un contesto generale di integrazione sia orizzontale che verticale nella filiera turistica e in quella della valorizzazione del territorio, globalmente considerato.

Il lavoro si propone d’indagare e analizzare in forma sintetica gli impatti del turismo su questo territorio, a partire dalle dinamiche di tipo tradizionale definendo, grazie anche alla letteratura scientifica di riferimento, le trasformazioni del milieu geo-economiche, paesaggistiche e urbanistiche che ne sono derivate.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di verificare se il territorio di riferimento risponda a quelle che sono le nuove frontiere imposte dalle ICT e dal nuovo modo di pensare il turismo. Si palesa la necessità, rispetto alle dinamiche in atto, di accrescere la sostenibilità e valorizzare in chiave di innovazione le strategie dedicate al raggiungimento di una sempre maggiore competitività in un sistema ormai vincolante ed imprescindibile del nuovo modello di internazionalizzazione.

Balneazione e voglia di vacanze: nascita del turismo nella Sardegna Nord-Occidentale

Turismo, balneazione e geografia: il nesso tra queste locuzioni risulta evidente non solo per ciò che connotano in un’analisi linguistica ma per quell’immediatezza semantica che diffondono[1]. E’ ben noto quanto a lungo il pensiero geografico italiano abbia trovato uno dei suoi principali veicoli di divulgazione tra la popolazione nelle sedi preposte alla promozione e organizzazione del turismo: il Touring Club Italiano con le «prime immagini qualificate dell’Isola» e, in Sardegna, l’Ente Sardo Industrie Turistiche (E.S.I.T.[2] – L. R. n. 62 del 22 novembre 1950) e il Comitato Tecnico Regionale per il Turismo, Sport e Spettacolo (L. R. n. 11 del 17 maggio 1955). Queste istituzioni grazie al lavoro propagandistico su tutti i mezzi di comunicazione di massa, al miglioramento, formazione e preparazione di personale qualificato modificarono radicalmente gli stereotipi consolidati della nostra Isola, «terra arretrata, disagiata, infestata dai banditi, di destinazione per funzionari in punizione, etc.» (Solinas, 1971, p. 26; Giordano, 1995, p. 12).

Figura 1 – Carte turistico-promozionali della Sardegna, scala 1:1.000.000-  Fonte: Cartella ESIT, 1959, elaborata da B. F. G. Jacovitti; AA. VV., 1966, p. 298.

L’interesse che da allora sino ad oggi si va registrando verso la mitica immagine paradisiaca ereditata dal Grand Tour, una terra «ludica per eccellenza … con la principale risorsa turistica vendibile, il mare» ed i numerosi beni naturali, ambientali, architettonici ed archeologici della Sardegna, intesi nella loro generalità, hanno fatto ritenere ai primi pianificatori ed investitori della seconda metà del XX secolo che una loro corretta interpretazione e valorizzazione potesse collocarli in vetta alle risorse economiche. In tal modo, attraverso notevoli incentivi delle campagne pubblicitarie turistiche, si sarebbe potuto superare quell’approccio di tipo essenzialmente estetico che aveva fatto in principio della componente scenica e/o spettacolare l’unico richiamo[3]. Ecco quindi la possibilità di offrire luoghi e paesaggi, magari già visti, sfruttati malamente e resi turisticamente sterili dal consumismo, in una prospettiva diversa, dove sono ben definiti i percorsi che li hanno formati e portati ad assumere certe caratteristiche: indubbiamente un clima ideale, gli incantevoli paesaggi caratterizzati da un’ambiente naturale, dolce e rilassante da un lato, duro e selvaggio dall’altro e la ragguardevole estensione delle coste (complessivamente, con le isole adiacenti, 1849 Km) che hanno richiamato il turismo di massa, grazie alla maggiore disponibilità di tempo libero.

In questo vasto quadro regionale venne inserita la Sardegna nord-occidentale reputata come centro di una periferia in continuo sviluppo grazie anche al miglioramento delle condizioni igienico-ambientali, non ultimo lo sradicamento della malaria. Ai fattori geografici favorevoli, tuttavia, se ne affiancarono altri a valenza negativa che fin da principio condizionarono i programmi dello sviluppo turistico tra i quali, di rilevante incidenza, l’opera distruttiva compiuta sulle spiagge[4], la cronica inadeguatezza della viabilità, dei mezzi di trasporto e l’insufficienza delle strutture ricettive.

Figura 2 – La Sardegna nord-occidentale suddivisa in sub-regioni geografico-storiche in una carta stradale degli anni ’60 del XX secolo, scala 1:500.000 – (Fonte: AA. VV., 1966, p. 217).

Si pensi come in provincia di Sassari, per esempio, nel 1949, vi fossero soltanto 4 alberghi compresi tra la II e la III categoria, 11 di IV, nessuna pensione e 27 locande con nemmeno complessivamente 500 posti letto in 42 esercizi (Solinas, 1971, p. 27, nota 6[5]). Molte strutture ricettive non perdurarono e tra queste anche i 10 alberghi fatti costruire alla fine degli anni 50’ per conto dell’ESIT (422 camere e 781 posti letto), organizzati in modo antieconomico, con dimensioni e tipologie inadeguate alla domanda, ridotti a ruderi, non ultimo quello di Alghero, il Grand Hotel Esit, «l’hotel di lusso per eccellenza», a più piani, integrato nel tessuto edilizio preesistente (sito sul lungomare, con di fronte una spiaggetta), oggi trasformato dopo numerose vicissitudini in Istituto professionale servizi alberghieri e ristorazione (IPSAR) “Emilio Lussu”[6].

Figura 3 – Alghero. La torre di Sulis e il Grand Hotel in una cartolina degli anni ’60 del XX secolo.

Tuttavia, con il diffondersi dell’abitudine alla balneazione numerosi centri rivieraschi della Sardegna settentrionale o Capo di Sopra come campanilisticamente si enuncia per contrapporla al Capo di Sotto o cagliaritano, altrettanto prestigioso nella sua organizzazione turistica, presentò favolose opportunità ludico-turistiche se si considerano le vaste aree basse e sabbiose con flusso pendolare[7] di Alghero[8], di Stintino con l’approdo di Torre delle Saline, di Punta Falcone (dove Angelo Moratti negli anni ’60 fece costruire l’hotel Rocca Ruja[9]), di Porto Torres[10] con la spiaggia di Balai frequentata specialmente dai sassaresi, di Sorso con la spiaggia di Pulchili e il complesso alberghiero della società londinese Pontin’s Limited, di Castelsardo[11] con Cala Ostina, della borgata di Lu Bagnu con il complesso turistico Pedraladda, ecc.

Tabella 1 – Denominazione delle spiagge della Sardegna nord-occidentale e sub-regione di appartenenza
ANGLONA Sviluppo totale Km. 5,500
Spiaggia Lu Bagnu
Spiaggia Pedras de Fogu
Spiaggia Punta Li Paddini
Spiaggia Marina di Castelsardo
Spiaggia Punta la Capra
Spiaggia Le Celestine
Spiaggia Punta Tramontana
Spiaggia Sacro Cuore
Spiaggia Friggianu
Spiaggia La Vignaccia
Spiaggia Cala Ostina
Spiaggia Pedraladda o Pedra Ladda
Spiaggia Cantareddi
ROMANGIA Sviluppo totale Km. 11,000
Spiaggia Sorso Marina compresa la spiaggia di Pulchili oggi nota come Eden Beach
Spiaggia Marritza
TURRITANO Sviluppo totale Km. 10,000
Spiaggia Abbacurrente (compresa tra i comuni di Porto Torres, Sassari e Sorso)
Spiaggia Porto Ferro
Spiaggia Pilo/Fiumesanto (in corrispondenza dell’omonima area umida)
NURRA PORTOTORRESE Sviluppo totale Km. 18,000
Spiaggia Marinella – Torre Saline (circondata dagli impianti industriali)
Spiaggia Balai
Spiaggia Scogliolungo
Spiaggia Sa Renaredda
Spiaggia Scoglio Ricco
NURRA ALGHERESE Sviluppo totale Km. 9,500
Spiaggia Porto Conte
Spiaggia Lazzaretto
Spiaggia Le Bombarde
Spiaggia Maria Pia
Spiaggia-Lido Novelli/San Giovanni
Spiaggia Burantinu
Spiaggia Poglina/La Speranza

Il primo polo di attrazione, la Riviera del Corallo, sorse ad Alghero con l’istituzione della «Porta d’Oro del turismo[12]»: la città catalana, non distante dal porto di Porto Torres (circa 40 Km.), dotata di un notevole patrimonio geo-storico-identitario fu favorita dalla vicinanza dell’aeroporto di Fertilia (a circa 10 Km. a NW), attivo sin dal 1938 come scalo di transito, ove atterrarono i primi voli charter provenienti dalla Gran Bretagna[13].

Figura 4 – Un Hawker Siddeley della flotta Bea (British European Airways) sulla pista dell’aeroporto Alghero-Fertilia.

Analizzando più da vicino le peculiarità ludico-turistiche della Sardegna nord-occidentale si può osservare come il proto-turismo ebbe un notevole sviluppo già un secolo prima quando alcune famiglie borghesi di Sassari e dell’hinterland turritano si recarono per le bagnature o a Stintino[14], ancora priva di strada d’accesso, oppure ad Alghero, nell’elegante stabilimento Il Bagnetto[15], in carrozza o con il trenino di legno[16] considerando che le altre coste erano invase dalla malaria, debellata col programma di disinfestazione finanziato dalla Fondazione Rockefeller soltanto tra il 1946 ed il 1950 (Le Lannou, 1979, p. 75).

Nella metà del XX secolo si registrò inoltre un rapido incremento dell’occupazione delle spiagge della Romangia e dell’Anglona, punteggiate dagli alloggi fissi della Marina di Sorso a cui si affiancarono a non molta distanza quelli della Sassari Marina e della vasta spiaggia di Abbacurrente (Km. 3,950) ribattezzata in quegli stessi anni col nome di Platamona o spiaggia dei sassaresi. Come si era già verificato per Alghero anche questa località fu progettata ad imitazione dei lidi più rinomati d’Italia da una commissione di esperti provenienti da Viareggio cui vennero offerte concessioni gratuite per la costruzione di infrastrutture simili per poter far fronte alle esigenze del turismo marittimo sassarese in modo da sostituire la funzione svolta, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dal lido di Alghero (Price, 1983, pp. 201-202; pp. 210-211). La tipologia costruttiva di questi stabilimenti era un po’ diversa dagli esempi presi in esame: scomparve l’ippodromo, il lungomare ed il molo furono riuniti in un tratto di strada semicircolare che giungeva sino alla spiaggia con le sale di ritrovo, i campi da tennis e da pallavolo oltre, naturalmente, le cabine per i bagnanti.

L’amministrazione regionale, di fronte all’espansione della domanda turistica, è andata via via, nel tempo, promuovendo una serie di iniziative programmatiche e di coordinamento del settore predisponendo all’interno del Piano quinquennale di sviluppo 1965-1969 un primo tentativo di impostazione organica del fenomeno turistico-economico definendo la natura della domanda ed i benefici che possono derivarne per le popolazioni dell’intera Isola, nonché la tipologia ed i costi organizzativi in relazione ai servizi richiesti[17]. Gli esperti prescelti puntarono sul turismo balneare estivo, su quello di passaggio, e non su altre forme in grado di soddisfare una gamma più vasta di interessi turistici: le conseguenze di queste scelte portarono al proliferare indiscriminato e disordinato lungo la costa nord-occidentale di insediamenti turistici a scopo quasi esclusivamente commerciale di cui sono dimostrazione le ben note inserzioni pubblicitarie nei giornali nazionali a grande tiratura che reclamizzavano abitazioni con i più svariati comforts.

Nel decennio successivo vennero costruiti nuovi centri vacanza da «forestieri» (per es. Pischina Salida-Capo Caccia; Gruppo Baroudi nella baia di Porto Conte; Marina di Sorso, ecc.); la localizzazione geografica di questi insediamenti ricalcò parzialmente il modello precedente mentre i preesistenti (Platamona, Alghero-Porto Conte, Castelsardo) continuarono ad richiamare non solo i vacanzieri regionali e nazionali ma anche numerosi stranieri attratti dalla bellezza selvaggia dei luoghi e dalla limpidezza di un mare definito «tra i più belli al mondo» con l’avvio del turismo residenziale a discapito di quello alberghiero[18].

 

Il Turismo tra valore e disvalore di un sistema territoriale complesso

Il turismo in Sardegna, come si è detto, incentrato prevalentemente sul turismo balneare si è caratterizzato con gli elementi geografici definiti favorevoli, ma che nel suo complesso hanno modificato e trasformato il territorio, soprattutto quello costiero. Il valore di cui il turismo è generatore con i suoi impatti positivi ha avuto come corrispondente il disvalore determinato dagli impatti negativi, in grado di evidenziare forti criticità in un territorio[19]. Il turismo nella sua evoluzione[20] si è consolidato come un fenomeno trasversale e intrinseco, influenzato da una molteplicità di fattori, che hanno un impatto rilevante sulla realtà economica, sociale e ambientale. Così analizzato, nella sua dimensione spaziale, si colloca tra il sapere geografico e le sue interazioni nei diversi campi delle discipline scientifiche. Questo approccio sistemico-interdisciplinare[21] permette di integrare e “favorire la distinzione tra i livelli sovraordinati e sottordinati dei fenomeni da analizzare, contribuendo ad identificare i limiti di tali fenomeni […] elementi base per rappresentare un sistema turistico […] un esempio concreto può forse coadiuvare l’enucleazione delle componenti chiave, operanti all’interno dei fattori ambientali fisico, economico, demografico, socioculturale, politico, tecnologico e legislativo” (Casarin, 1996, pp. 25-26). Il turismo rappresenta un fattore importante nei processi di sviluppo economico quando risulta un elemento integrato nella dimensione territoriale, cioè̀ si esprime attraverso processi di integrazione e di cooperazione sociale e politica (Dallari, 2007). In tal senso, il territorio deve rappresentare il fattore capace di preservare le condizioni di benessere economico, sociale e locale, come accade, ad esempio, nei casi in cui il patrimonio naturale e culturale, nell’accezione di valore sociale complesso, favorisce la relazione del territorio stesso partendo da una dimensione prettamente locale verso una dimensione globale (Mirò, Masia, 2002). Ne deriva che una forte caratterizzazione del territorio, con le sue peculiarità, nel suo spazio geografico, sotto il profilo socio-economico riveste un ruolo fondamentale nella definizione delle strategie del proprio sviluppo sia riferito al benessere collettivo, che alla competitività della destinazione. I luoghi possono, pertanto, essere considerati sistemi integrati,  considerando l’aspetto concettuale della destinazione, che comunque raffigura il passaggio di una località da spazio geografico a prodotto turistico, ottenuto ed offerto sul mercato attraverso una serie di risorse rese disponibili, e di attività integrate effettuate da una pluralità di attori, pubblici e privati, collegati da un sistema di relazioni orizzontali e verticali al fine di raggiungere un obiettivo di comune interesse (Laws, 1995). Visto come un fenomeno socio-economico, il turismo agisce sui diversi livelli di policy, legati per il suo sviluppo, a fattori di attrattiva e a risorse che si connotano da una intrinseca fragilità, quali i beni ambientali, paesaggistici e culturali; “l’identificazione del valore intrinseco del paesaggio culturale è un tema al quale i geografi possono contribuire sostanzialmente. Il senso dei luoghi e il ruolo degli esseri umani nel definire il significato di un luogo sono importanti per i geografi e l’etica per preservare il paesaggio è stata estesa per includere ambienti con valori storici, sociali e ricreazionali […]. Il turismo manipola e divora i paesaggi di cui si nutre e l’uso turistico del paesaggio confligge con altri usi e altri punti di vista. Allo stesso tempo essendo il paesaggio la principale materia prima del turismo, il turismo li protegge e li consolida. Distruzione e costruzione configurano un conflitto territoriale senza soluzioni […]” (Pagnini, 2009, pp. 124-125). Tutto ciò richiede di favorire la creazione di una cultura di governance e di creare sempre maggiori e consapevoli strategie e sinergie tra pubblico e privato in un’ottica imprescindibile, per governare utilmente, una politica turistica di tipo sistemico. La dimensione territoriale si presenta così come riferimento geo-economico e come modello trasferibile della competitività e dello sviluppo. In questo contesto, un sistema territoriale deve esprimersi in tutte le sue relazioni e nel suo valore sociale complesso riassunto nell’accezione ampia del concetto di capitale territoriale. La piena consapevolezza di questo valore è alla base della strategia per determinare le politiche di sviluppo valorizzando le proprie peculiarità. La complessità della dimensione territoriale così analizzata è connessa alla dimensione geografica e alla sua funzionalità.

Il tutto in un quadro complessivo rappresentato dalle politiche di pianificazione strategica e programmazione territoriale per le quali il tema dello sviluppo economico, ambientale e sostenibile del settore turistico diventa particolarmente sensibile, quando si vuole avere una visione strategica che richiede comunque interventi preordinati di breve e medio periodo. Per costruire una “sostenibilità” sociale e culturale della politica turistica nella comunità ed un approccio progettuale positivo, occorre che la “visione” prescelta derivi da un processo di progressiva acquisizione e condivisione, attraverso una negoziazione e una programmazione partecipata, attuata con consapevolezza dalla stessa comunità (Masia, 2010). Considerata dunque la rilevanza quantitativa ed economica del settore turistico, la prima implicazione evidente è che esso costituisce un ambito di particolare rilievo per l’operato delle amministrazioni, regionale e locali, le quali, in base al principio di sussidiarietà, possiedono la piena titolarità e la responsabilità dell’intervento in materia di sviluppo del territorio. Tale titolarità implica anche una visione globale e non solo settoriale delle problematiche del territorio, in una prospettiva di sostenibilità e, quindi, di sviluppo inteso essenzialmente come miglioramento diffuso e continuo della qualità della vita nel sistema territoriale. Al riguardo le differenti politiche locali (di pianificazione territoriale, di programmazione sociale, economica, del lavoro, della sicurezza, della tutela ambientale, della promozione turistica e culturale, della mobilità) devono essere considerate nella loro interdipendenza. Il governo locale assume quindi sempre più il carattere di una governance territoriale di un sistema di politiche condivise e condivisibili dei diversi attori, di relazioni e di interventi, alla ricerca delle possibili e migliori sinergie per il miglioramento del benessere collettivo (Deidda, 2003); “una buona capacità di governance territoriale non può prescindere dalla concreta attuabilità di partenariati fra varie tipologie di attori pubblici e privati che definiscano e condividano scenari di sviluppo” (Brugnoli, Cornacchione, 2011, p.6). Promuovere una destinazione turistica richiede, a partire dal patrimonio di risorse e competenze territoriali, il superamento di logiche locali e competitive ed il coinvolgimento in sinergia di tutti i portatori di interesse. Questa si può configurare come la strategia vincente per creare una visione condivisa delle modalità̀ di gestione dell’area, stimolando la partecipazione al disegno complessivo della destinazione. In tal modo è possibile pervenire ad uno sviluppo equilibrato delle attività̀ turistiche preservando le risorse ambientali (fisiche, culturali, sociali) e coinvolgendo positivamente la comunità̀ del luogo. Il modello culturale di sviluppo turistico, ormai universalmente diffuso, si fonda sul rapporto tra turismo-ambiente-cultura che rappresentano gli elementi imprescindibili del turismo sostenibile secondo la definizione dell’OMT[22]. Se dunque da un lato il sistema territoriale locale pur nella sua specificità deve essere flessibile e capace di evolversi continuamente integrando nuovi elementi, dall’altro deve tendere a concretizzare una condivisione e un equilibrio interno, pur nel variare, in un sistema “globalizzato”, delle condizioni esterne[23]. Tale tendenza, fermo restando il valore della specificità, deve perseguire l’obiettivo dinamico di adattarsi ai cambiamenti sociali e all’ambiente circostante. Con specifico riferimento alla dimensione territoriale, nella sua configurazione sistemica deve essere coerente con la rappresentazione di un modello di sviluppo sostenibile su scala locale o, meglio di una governance dello sviluppo locale e necessariamente proiettarsi con un approccio metodologico che si caratterizzi, quale fattore determinante, in un modello dal carattere fortemente innovativo in termini di processo ma utilizzando al meglio l’innovazione tecnologica e le sue innumerevoli opportunità[24].

In Sardegna il turismo ha avuto una fase di lenta ma efficace trasformazione nella quale l’internazionalizzazione, la destagionalizzazione dei flussi turistici e il valore della sostenibilità hanno da tempo costituito uno specifico obiettivo nel processo di rimodulazione del concetto di vacanza. L’isola come spazio geografico, l’insularità come condizione sono elementi strutturali per cercare di capire la sua essenza posto che rispetto ai territori continentali di riferimento, le isole presentino uno svantaggio intrinseco dovuto alla distanza, all’accessibilità̀: con deboli economie locali e fragili ecosistemi, i sistemi insulari soffrono di evidenti svantaggi […]. “Per contro i valori dell’essere isola determinano una condizione di specialità data dagli stessi valori geografici, ambientali e culturali, e più in generale dalla qualità della vita” […], (Mariotti, Camerada, Masia, 2019, p. 197). E ’evidente, inoltre, che la presenza sul territorio di strutture portuali e aeroportuali a valenza nazionale ed internazionale accresce le opportunità̀, consentendo collegamenti diretti con i mercati di riferimento (DMO). Nel contempo le stesse opportunità costituiscono quella fragilità e l’insieme di criticità che richiedono un approccio sistemico e una governance forte (Piano Strategico nazionale del Turismo 2017-2023).

L’esperienza di programmazione turistica in Sardegna ha subito la discontinuità̀ dei modelli organizzativi, quali, ad esempio, i Sistemi Turistici Locali. L’esigenza di organizzare a livello territoriale i “fattori produttivi” che costituiscono la base del turismo emerge dalle diverse analisi e ricerche fatte nel corso degli anni[25]. In estrema sintesi sia dal Piano nazionale sia dai documenti regionali emerge chiaramente che il turismo richiede due livelli essenziali di programmazione/attuazione e di monitoraggio nell’ambito di un sistema territoriale: il livello regionale dove vengono individuati gli obiettivi “strategici” di lungo periodo, definiti gli strumenti di governo (regionale e locale), monitoraggio e promozione; il livello locale dove concretamente si realizza/sviluppa/aggiorna il prodotto territoriale (secondo schemi e standard predefiniti a livello regionale), caratterizzato da un’offerta integrata, nell’ambito della quale il potenziale cliente/visitatore abbia la più̀ ampia possibilità̀ di scelta.

Da tutti i documenti richiamati, declinata nella specificità dei diversi approfondimenti, viene posta in evidenza l’esigenza e la necessità di organizzare a livello territoriale i fattori produttivi per fare emergere, le eccellenze e la qualità del territorio nella sua complessità, cosa questa che presuppone la certificazione di tutti gli elementi che compongono l’offerta. In altre parole, prima deve essere costruito il prodotto (coerente con l’immagine che il territorio intende proporre all’esterno), contemporaneamente occorre individuare gli assetti organizzativi e solo dopo si può̀ pensare alla promozione. Avviare questo percorso, significa definire una “politica turistica”, cioè fare scelte di programmazione dei numerosi fattori che compongono il “prodotto turistico” per gestire la destinazione come luogo dove l’offerta si organizza per andare incontro alla domanda. La difficoltà di definire una politica turistica deriva innanzitutto dalla criticità nel definire e delimitare i suoi ambiti di intervento, di individuarne gli obiettivi misurabili, di condividere con i numerosi interlocutori le scelte perseguibili e ciò accade perché il fenomeno turistico è estremamente complesso e trasversale (Piano Strategico nazionale del Turismo 2017-2023). Avviare questo percorso significa definire una “politica turistica”, cioè fare scelte di programmazione dei numerosi fattori che compongono il prodotto turistico per gestire la destinazione come luogo dove l’offerta si organizza per andare incontro alla domanda. In questo assunto conclusivo sta il valore o il disvalore del sistema territoriale. Il sistema economico del Nord Ovest della Sardegna, che come si è visto, da anni ha nel turismo il ruolo trainante, non si discosta da questo assunto. In particolare, l’economia dei Comuni di Alghero, Castelsardo e Stintino si è caratterizzata per il radicamento della industria turistica, basata principalmente sull’unicità delle proprie risorse naturali, che hanno costituito negli anni un solido vantaggio competitivo in ambito nazionale e internazionale. Tuttavia anche questo sistema ha sofferto e soffre di forti criticità, causate dalla prevalenza del modello “balneare”. Tali criticità si manifestano su due fenomeni caratterizzanti e condizionanti già evidenziati: una concentrazione temporale della domanda e una scarsa integrazione economica con gli altri settori. A fronte dell’attrattività del patrimonio naturale e culturale, il territorio fatica a definire e condividere tutte le strategie comuni in grado di determinare esternalità positive a beneficio di tutti i settori economici. Tutto questo è riconducibile, almeno in parte, all’assenza di una logica sistemica chiara, con iniziative anche di qualità, ma a volte non valorizzate. Appare dunque evidente, allo stato attuale, la necessità di riportare a sistema – per ottimizzare l’uso delle risorse in campo e consentire la definizione di obiettivi ambiziosi – l’intero piano operativo pubblico e privato. Le potenzialità esistono ma necessita una attenta azione di sistematizzazione strategica, un organismo di coordinamento e di regia, in rete con il territorio regionale[26]. Inoltre è ormai accertata e condivisa l’assoluta necessità di innovare in un contesto caratterizzato dalla costante evoluzione delle dinamiche sociali e dal tramonto del turismo di massa. Così come organizzato dai tour operator nel ventesimo secolo, il successo del turismo insulare dipende dalla capacità di quest’ultimo di innovare e adattarsi ai nuovi schemi. E la spinta all’innovazione deve venire proprio da coloro che operano nel settore turistico (CESE_UE, 2011).

La complessità delle questioni teoriche e delle problematiche, fin qui sinteticamente rappresentate, consentono di richiamare, attraverso alcuni “case studies” l’approccio territoriale nella sua connessione con l’applicazione pratica delle teorie dello sviluppo locale. Mettere in risalto il ruolo del territorio, il suo specifico impatto sui processi di mutamento e di trasformazione, trova rispondenza in una consolidata necessità di sperimentazione di modelli di governance e di strumenti di programmazione del territorio stesso. Così, solo a partire da questi complessi processi di governance locale è possibile reperire risorse per l’attivazione del territorio nel suo complesso la competitività del territorio e inteso come spazio relazionale geo-economico in ottica di politica di sviluppo territoriale. Un caso di studio, oggetto della nostra osservazione, riguarda nello specifico il sistema geografico del Nord Ovest della Sardegna, nel quale è possibile rinvenire sub-regioni omogenee caratterizzate da variegate realtà socio-economiche, dove ancora oggi, soggetti ed economie si intersecano, si annodano e necessitano, per potere esprimere al meglio il proprio potenziale di crescita e sviluppo, di una visione unitaria e di un modello di crescita comune, capace di indirizzare strumenti e risorse che tenderebbero, in assenza di governo e strategia, all’entropia. La complessità della dimensione territoriale di questo vasto territorio è connessa alla dimensione geografica e alla sua funzionalità. Ma come definire gli strumenti innovativi in grado di supportare questi processi? Come utilizzare le politiche di sviluppo locale per migliorare realmente la qualità della vita delle comunità locali? Che forma dare a un sistema di governance efficiente ed efficace? La soluzione alle questioni proposte andava ricercata nella definizione degli asset di sviluppo del territorio e nel ricomporre un puzzle che, in qualche modo, stesse al centro di una cornice nella quale ciascun ente potesse mantenere le sue specificità nel rispetto delle peculiarità territoriali, all’interno di percorso metodologico orientato a favorire la circolazione d’informazione e quant’altro potesse risultare utile all’ampliamento della dotazione del capitale territoriale. I processi connettivi descritti rappresentano l’avvio della sperimentazione e dell’esperienza che la Provincia di Sassari a partire dal 2007 ha intrapreso con l’ideazione, l’elaborazione e l’attuazione, del modello governance territoriale con denominato Patto per il Nord-Ovest[27]. Il progetto è stata la risposta all’esigenza di dare al territorio un modello organico di sviluppo ed è stato pensato come un’azione di governance territoriale con la quale mettere in rete i soggetti istituzionali, economici e della società portatori di interessi collettivi, per realizzare una strategia complessiva di crescita e promozione della comunità provinciale. L’idea è stata quella di creare un sistema di relazioni territoriali accogliendo le differenti istanze provenienti dagli attori locali, per favorire e patrocinare l’avvio, sul territorio provinciale, di un sistema di Marketing Territoriale attraverso un’intesa finalizzata a definire in modo organico e sistematico, in una visione complessiva e non settoriale, le linee fondamentali di crescita economica, sociale e culturale della comunità provinciale con un patto per lo sviluppo locale. Con il “Patto” i rappresentanti istituzionali e degli organismi pubblici e privati hanno concordato sull’idea “di adottare in modo permanente, nelle attività interne al territorio, la metodologia della partecipazione nella programmazione” e si si sono impegnati a “rafforzare i processi di cooperazione e coordinamento istituzionale, offrendo supportò concreto a tutti quei progetti che puntino sulla collaborazione per favorire lo sviluppo di una politica comune di miglioramento del territorio e della vita sociale”. Si è trattato di un’esperienza di elaborazione e di sperimentazione di un modello per una governance dello sviluppo locale e delle buone pratiche (INNOLABS, FABRICA EUROPA, PAST – PATTO DEI SINDACI)[28] che ne sono derivate, con una caratterizzazione fortemente innovativa, sviluppata nell’arco di due cicli di programmazione europea (2007-2013 e 2014-2020). Del caso di studio si vuole sottolineare l’approccio metodologico con la ideazione e l’elaborazione di un progetto di marketing territoriale di area vasta, al quale è seguita l’elaborazione di un progetto per la governance dello sviluppo locale e degli strumenti per la sua realizzazione. Nell’attuazione delle strategie ispirate dal Patto oltre a realizzare un modello di governance territoriale di area vasta, ha canalizzato ingenti risorse comunitarie e ha capitalizzato le buone pratiche nate e implementate dai progetti. L’efficacia dei risultati conseguiti e le caratteristiche di qualità e di innovatività, il valore e la professionalità del capitale umano, hanno permesso di portare nel territorio di area vasta idee, progetti, finanziamenti e competenze in contesti anche problematici per loro natura.

Un altro importante esempio, generatore di sinergie e progettualità è costituito dal nuovo approccio della programmazione unitaria delle risorse regionali, nazionali ed europee, con il quale è nata la Programmazione Territoriale della Sardegna, con l’obiettivo di valorizzare le aree interne e mirare al rilancio di tutte le aree della Sardegna, puntando sulle vocazioni e potenzialità proprie di ciascun territorio. Un approccio fortemente innovativo che, unito a un sistema integrato di strumenti, consente ai principali attori dello sviluppo locale un’effettiva partecipazione alle scelte strategiche regionali. La Programmazione Territoriale, come previsto nel Programma Regionale di Sviluppo 2014-2019, prevede l’assoluto protagonismo dei territori, con il coinvolgimento delle Unione di Comuni o delle Comunità Montane, nella definizione di progetti di sviluppo. La Regione Sardegna, attraverso le proprie strutture ha accompagnato i territori nella scelta delle idee vincenti che hanno costituito il Progetto di Sviluppo Territoriale nel supporto alle parti istituzionali, economico e sociali e alle imprese, nella definizione della strategia di sviluppo per il territorio[29].

Competitività turistica e innovazione tecnologica

L’innovazione tecnologica e la rivoluzione del web hanno riscritto i tradizionali paradigmi propri della domanda e dell’offerta turistica, intervenendo considerevolmente all’interno del comparto economico, garantendo, nel 2018, l’incremento del PIL globale del 10,4%, facendo registrare una crescita, nel medesimo periodo, del 3,9% rispetto all’economia globale (WTTC, 2018). Secondo i dati del World Travel & Tourism Council, attualmente, 320 milioni di posti di lavoro nel mondo sono correlati al turismo, con un giro d’affari di oltre 9 mila miliardi di euro (WTTC, 2018). In tale prospettiva il valore aggiunto offerto dall’avvento di Internet ha comportato la semplificazione del fenomeno turistico, offrendo incredibili opportunità. Per questo appare significativo il dato offerto dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano[30] che sottolinea come nel nostro Paese il mercato del turismo online mostri segni positivi, con un incremento nel 2018 dell’8%. Inoltre, secondo lo stesso Osservatorio, l’84% degli italiani prenotano la propria vacanza online e il 37% fornisce una recensione relativa alla propria esperienza di viaggio, offrendo una nuova visione dello stesso e della destinazione. La Internet revolution ha contestualmente complicato la definizione di destinazione turistica (Mariotti et al., 2016). Attraverso la Social Network Analysis (SNA) (Butts, 2008) è possibile identificare l’insieme delle attività turistiche di una determinata area geografica, che integrandosi tra loro sono in grado di produrre esperienze per i turisti (Baggio, Scott, & Cooper, 2010). Grazie all’ausilio della SNA è possibile studiare e analizzare le relazioni, in una data destinazione, che esistono tra le molteplici attività turistiche e definire le differenze che intercorrono tra varie destinazioni, in modo tale da pianificare e coordinare le azioni maggiormente adatte per garantire una migliore performance delle diverse attività turistiche. Pertanto, affinché venga garantita una maggiore competitività per la destinazione turistica è necessario che le varie attività collaborino in forma coesa e concorrenziale (Crouch & Ritchie, 2006; Scott, Cooper, & Baggio, 2008).

L’insieme delle esperienze dipendono fortemente dalla percezione che il turista ha della destinazione e dei servizi offerti (Baym, 2010). L’esperienza stessa si compone di tre fasi, prima, durante e successiva al viaggio (Milano, 2010; Milano, Baggio, Piattelli, 2011), durante le quali il turista s’interfaccia costantemente col web, sia per la ricerca d’informazioni (Gretzel & Yoo, 2008; Fotis, 2012), che per la condivisione delle esperienze, divenendo egli stesso un veicolo di dati in grado di influenzare il comportamento, tanto del prossimo turista quanto delle varie entità economiche e governative (Ajanović & Çizel, 2015). Nella contemporaneità è il turista che detta i tempi e stabilisce i metodi per l’acquisizione delle informazioni sul luogo e sui luoghi da visitare. Tale aspetto impone, inevitabilmente, alla Governance e alla Destination Management Organization (DMO) di adattarsi e coordinarsi con tali dinamiche. L’innovazione tecnologica influenza l’indipendenza del viaggiatore 2.0 (Ercole, 2013), il quale non cerca soltanto risorse tangibili, ma emozioni ed esperienze che, oltre ad essere vissute, possano essere raccontate. Durante i viaggi i turisti alterano i piani precedentemente impostati, in relazione anche alle nuove informazioni che tramite il web sono aggiornabili costantemente e rese rapidamente raggiungibili. Il turista pertanto ricerca un ampio patrimonio culturale coinvolgente non soltanto gli aspetti estetici del territorio bensì l’insieme delle produzioni artigiane, le feste, la memoria dei luoghi e il congiunto dei processi che descrivono le identità territoriali di una data popolazione (Banini, 2011). La conservazione, la tutela e la valorizzazione di tale patrimonio sono in grado di rappresentare un valore aggiunto territoriale (Faccioli, 2012) al fine di accrescere la competitività turistica di una data realtà. La competitività delle destinazioni turistiche rappresenta un punto centrale delle analisi in questo settore in quanto permette di decifrare, misurare e comparare le performance delle diverse destinazioni, dando risalto a vantaggi e svantaggi (Chiarullo, Colangelo, & De Filippo, 2016). In una prospettiva di competitività turistica (Crouch & Ritchie, 2006; Paniccia Cristofaro, Leoni, Baiocco, 2019) le destinazioni turistiche sono sempre più smart (Gretzel, et al., 2015a; Gretzel, et al., 2015b; López-Ávila, 2015; López-Ávila & Sánchez-García, 2013) e attraverso l’innovazione tecnologica semplificano l’interazione tra turista-ambiente migliorando, da un lato la qualità di vita dei cittadini e dall’altro le esperienze e le emozioni vissute dai turisti, in un’ottica di sviluppo sostenibile delle destinazioni turistiche.

I lavori sviluppati in ambito accademico prediligono, principalmente, le analisi empiriche volte all’uso di modelli relativi alla sostenibilità delle destinazioni turistiche e della conseguente competitività delle stesse (Paniccia et al., 2019); tuttavia si fanno strada ricerche volte all’analisi del fenomeno in una prospettiva sistemica che integra più scale del fenomeno (Camerada, 2018). Il modello SMAS (Social Mobile Analytics Security) proposto da Camerada (2018) s’inserisce in tale prospettiva, e attraverso il «monitoraggio delle prestazioni delle destinazioni turistiche digitalizzate» (Camerada, 2018, pag. 104) acquisisce informazioni relative alla digitalizzazione dei territori turistici, affinché sia possibile, attraverso una buona governance, intervenire per coordinare domanda e offerta, rispondendo in sostanza alle linee guida introdotte da Buhalis e Amaranggana (2014). Gli studiosi sottolineavano come uno dei presupposti necessari per garantire l’operatività delle smart destination riguardava l’istituzione di una governance turistica, strettamente connessa alla collaborazione tra cittadini, enti pubblici e privati, mediante il sostegno dei governi. Tale processo (di governance del turismo) sosterrebbe le varie destinazioni turistiche per mezzo dell’ausilio di sforzi sinergici e coordinati tra i vari livelli e scale. Il coinvolgimento delle comunità interessate assume un ruolo strategico fondamentale in quanto consente, comunicando il senso del luogo (Magnaghi, 2005) e fornendo l’immagine di una destinazione turistica, di determinare il cambiamento. L’immagine assume un ruolo rilevante tra i fattori della competitività turistica, poiché rappresenta, sia una chiave d’attrattività, sia l’interconnessione esistente tra popolazione, identità e territorio (Dematteis & Ferlaino, 2003; Banini, 2011). Questa simboleggia la centralità del brand territoriale e contestualmente uno strumento indispensabile sia per l’attrazione sia per la ritenzione dei turisti. Il Nord-Ovest della Sardegna che continua ad essere una delle più floride realtà turistiche isolane, ha sempre rappresentato un’eccellenza nello sviluppo turistico balneare sardo. Tuttavia, nonostante vengano portati avanti tentativi di destagionalizzazione dell’offerta turistica in Sardegna, il branding resta ancorato ad un’immagine prettamente balneare con un crescente interesse per l’offerta dei voli low cost, distribuiti nei tre aeroporti dell’Isola[31]. Analizzando i dati forniti da Google trend[32] sulle ricerche online relative alle principali località del nord ovest dell’Isola si evidenzia come vi sia una forte impennata dei flussi di ricerca nei mesi estivi, a conferma che l’offerta turistica locale sia ancora fortemente ancorata ad una stagione principale.

L’afflusso turistico relativo alla Regione Sardegna fa registrare, nel 2018, 14.940.111 di presenze, con oltre il 51% di stranieri e con un incremento del 5% rispetto alla media nazionale. Nella sola provincia di Sassari si evidenziano 7.935.789 presenze turistiche, di queste oltre il 57% sono stranieri; si rileva l’importante peso policentrico svolto da Alghero all’interno dell’area provinciale, con 1.128.419 presenze turistiche, sottolineando l’importante ruolo assunto dalla Riviera del Corallo per quanto si attiene ai movimenti turistici. È tuttavia importante rilevare come soltanto il 15,3% dei viaggi in Sardegna sia stato organizzato con prenotazioni online, a fronte di una media nazionale del 20,2% (Confartigianato, 2019).Un dato interessante relativo all’offerta turistica di Alghero è offerto dall’analisi condotta da Murtinu (2019); si rileva che soltanto il 56% delle aziende turistiche locali dispongano di una pagina web dedicata, presentando al contempo una scarsa collocazione, infatti “non godono di un posizionamento adeguato all’interno del motore di ricerca di riferimento, trovandosi tutte collocate oltre la prima pagina” (Murtinu, 2019, p.57). Un ulteriore limite è quello linguistico visto che soltanto il 12% delle pagine web aziendali è tradotto in una lingua differente dall’inglese, mentre il 21% degli stessi è tradotto unicamente in lingua italiana (Murtinu, 2019). È tuttavia interessante rilevare come gli attori territoriali locali concordino sul fatto che l’innovazione tecnologica e digitale rappresenti uno strumento essenziale per lo sviluppo dell’offerta turistica al fine di permettere

“alla nuova capitale del turismo sardo di perseguire una maggior attrattività, riconoscendo nell’innovazione la principale strada per raggiungere un vantaggio competitivo nel settore universale dei viaggi” (Murtinu, 2019, p.102)

Impatti del turismo sul territorio costiero della Sardegna Nord-Occidentale

Il presente contributo, all’interno della più ampia panoramica delle problematiche legate agli effetti sul territorio della nascita e dello sviluppo del turismo in Sardegna a partire dalla metà del Secolo appena passato, intende osservare l’evoluzione dell’urbanizzazione e delle trasformazioni del paesaggio che ne sono derivati in alcuni dei tratti costieri più caratteristici, presi come esemplificativi e in riferimento ai punti cardine delle politiche di sviluppo perseguite in queste aree. Verranno proposti degli esempi mirati di Alghero, di Stintino e di Platamona, tendenti a evidenziare, anche in maniera quantitativa, l’entità delle dinamiche trasformatrici e i risultati dei cambiamenti di uso del territorio dovuti al turismo, le cui politiche di sviluppo si sono fondamentalmente basate sull’implementazione degli insediamenti residenziali lungo le coste. Al fine di definire strutturalmente e visivamente le dinamiche urbanistiche, si è scelto di valutare le trasformazioni di uso del suolo lungo alcuni settori dei tratti costieri appartenenti ai comuni succitati attraverso il confronto tra le coperture aeree riprese negli anni 1954 e 2016[33] perché, di fatto, sottendono il periodo in cui si è verificata la più grande azione di trasformazione del territorio costiero dopo l’avvento del turismo di massa e lo sviluppo di quello balneare. Una crescita continua di insediamenti lungo la costa che ha registrato comunque diversi momenti di affermazione e si è sviluppata in maniera variegata e disomogenea sia tra le diverse località sia tra i singoli comuni interessati, i cui effetti sono risultati più evidenti in particolari regioni, divenute poi il simbolo dell’ambita vacanza a mare in Sardegna. Valga per tutte l’esempio della Costa Smeralda, oggi al top delle classifiche mondiali delle vacanze balneari di èlite. Solo alcune regioni sono rimaste avulse da questo fenomeno il quale, se da una parte non ha prodotto cambiamenti paesaggistici e impatti ambientali, dall’altra non ha consentito quella crescita economica registrata invece altrove, rimarcando tuttora gli effetti negativi di uno sviluppo mancato che, ancora oggi, non si è riuscito a recuperare: è il caso dell’Oristanese e del Sulcis in riferimento al settore occidentale e del Sarrabus Gerrei in quello Orientale, solo per citarne alcuni. Il fenomeno dell’espansione urbana legata al turismo, ha determinato talvolta la crescita degli insediamenti, allungati a ridosso delle spiagge, come nel caso di Alghero (Scanu, 2002), oppure la nascita di nuovi centri residenziali a corona di borgate preesistenti, come nel caso di Stintino (Brundu, 2010), oppure il puntellamento delle spianate a mare con fenomeni di vero e proprio urban sprawl (Scanu, Madau, 2011), come nel caso di Platamona, tra i comuni di Sassari e di Sorso, ricordando i casi presi in esame, ma gli esempi potrebbero continuare. Di certo si allungherebbe notevolmente l’analisi che qualche anno addietro fece R. Price (1983) con un lavoro che è rimasto una sorta di pietra miliare nella storia delle trasformazioni costiere sarde degli anni ’70 e che portò alla identificazione delle nuove tipologie insediative e della loro diffusione. Un periodo, quello considerato, in cui a partire dagli anni sessanta si è registrata un’espansione a mare veramente importante tanto da trasformare definitivamente gli assetti della fascia costiera e prolungatosi fino all’adozione delle norme di tutela discese dai diversi provvedimenti emanati, in diversi momenti, ma spesso in maniera territorialmente circoscritta, a seguito dell’entrata in vigore della legge 431/85, la cosiddetta legge Galasso, culminati poi nel varo del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, oggi il cardine della tutela del territorio e del paesaggio. Recependo lo spirito innovativo contemplato nella Convenzione europea del paesaggio adottata a Firenze nell’ottobre del 2.000, è l’articolo n. 143 che ha imposto a tutte le Regioni di redigere il Piano paesaggistico esteso a tutto il loro territorio ed è quindi all’origine dell’adozione del cosiddetto PPR, avvenuto da parte della Giunta regionale il 6 settembre del 2006 il quale, non senza contestazioni e battaglie politiche, ha posto fine alle politiche espansive dell’insediamento non residenziale lungo la fascia costiera. Ha infatti definito una serie di norme attuative assai rigide costringendo i comuni affacciati sulla fascia costiera a rivedere i propri strumenti urbanistici e ad adottare nuove ipotesi gestionali basate proprio sul valore del paesaggio e tese, più che altro, a indirizzare la trasformabilità verso il recupero e la riqualificazione dell’esistente, piuttosto che a definire nuove aree di espansione urbana.

Ma, al momento in cui il PPR ha prodotto i suoi effetti sospendendo tutte quelle previsioni di espansione cui ancora non si era dato avvio, la trasformazione dei paesaggi costieri si era già abbondantemente consumata, quantomeno in alcune aree, sia a causa dell’utilizzo di modelli urbanistici e architettonici privi di coerenza con gli stili costruttivi tradizionali e con i valori identitari locali, sia per la realizzazione delle opere di urbanizzazione connesse con i nuovi insediamenti, trasformando definitivamente questi luoghi e imponendogli nuove forme sovente contrastanti con l’armonia degli equilibri tipicizzati da uno storico rapporto tra natura e cultura locale. All’interno di questa cornice di carattere generale si può quindi collocare questa parte di analisi specifica, che comunque va a completare gli altri argomenti affrontati nelle diverse sezioni di questo stesso articolo, relativo, come detto, al territorio costiero della Sardegna Nord Occidentale il quale, sino agli anni 50’ del secolo scorso, era caratterizzato da un paesaggio sostanzialmente privo di inserti urbani, se si escludono gli sporadici edifici utilizzati dai pescatori o alcune infrastrutture di base, quasi a testimoniare la scarsa propensione al mare del popolo sardo (Madau, 2008). Una tendenza che si inverti a partire dagli anni 60’ con la diffusione del turismo balneare, dove Alghero, grazie alla presenza di infrastrutture importanti quali l’aeroporto e il porto di Porto Torres divenne il fulcro dello sviluppo turistico della Sardegna (Solinas, 1994, p. 679), andando a ricoprire il ruolo di apripista e rappresentando la “porta d’oro” del turismo isolano (Loi Puddu, 1964, p. 7; Solinas, 1994, p. 678). In questo periodo, oltre che della crescita economica, il turismo è stato qui uno dei principali fattori responsabili delle trasformazioni territoriali innescate da miriadi di iniziative edilizie atte alla conquista di piccoli frammenti di paesaggi costieri, facendo nascere il fenomeno della “corsa alla seconda casa” (Mazzetti, 2008, p. 129) definito da Barb (1977) il “secondo ciclo edilizio”. Nonostante le normative vigenti fossero allora incentrate nello sfavorire l’espansione urbana nelle zone agricoli, si ebbe comunque un’intensa opera di lottizzazione nelle coste, con delle tipologie abitative di tipo residenziale spesso avulse da quelle preesistenti e un uso limitato alla stagionale balneare. Questo fu il volano di profondi mutamenti sociali, di costume e di comportamenti che andarono a creare mutamenti non solo nei sistemi di vita della popolazione locale, e delle loro antiche consuetudini, ma anche negli assetti territoriali, facendo nascere nuove conformazioni paesaggistiche e originando pressioni sull’ambiente, danni agli ecosistemi, squilibri e degradi territoriali dal momento in cui lo sviluppo basato sul turismo, favorendo la realizzazione di infrastrutture e sistemi insediativi superiori al fabbisogno reale, sino a poco tempo fa veniva considerato l’unico fattore in grado di valorizzare le aree ancora arretrate. Il tutto ha portato allo stravolgimento dei territori costieri, generando nuovi luoghi, spesso artificiali e impersonali, come quelli della residenza vacanziera e del turismo “low cost” (Madau, 2008).

Un esempio di queste grandi trasformazioni della “materia prima” che ha generato il turismo (Mazzetti, 2008, p. 127), ovvero il paesaggio, si può osservare nella figura 1 che mette in evidenza la trasformazione che nel periodo considerato ha subito uno dei paesaggi più tradizionali del sistema costiero del Nord Sardegna, il litorale di Platamona e il suo sistema dunare a pineta. Il forte dinamismo tra domanda-offerta ha fatto sì che vi fosse una rapida espansione delle strutture ed infrastrutture che sono andate ben oltre il centro urbano consolidato, diventando così una delle maggiori cause di impatto ambientale con, sovente, cambiamento radicale della fisionomia del paesaggio a causa dell’inserimento di nuovi elementi urbanistici, funzionale all’incremento delle presenze turistiche (Brundu, Scanu Gl, Manca, 2020).

L’impatto sul territorio è un tema ricorrente nella letteratura turistica (Minca, 1996, p.22) che rileva come l’eccessiva cementificazione e pressione sull’ambiente dei litorali, siano le più importanti problematiche generate da questa attività, accompagnate sovente da irreversibili cambiamenti del suolo e suggeriscono scelte di pianificazione soppesate in modo da limitare le incidenze su quelle risorse ambientali riconosciute di maggiore importanza. Nel caso sardo, ad esempio, si è messo in evidenza come l’entrata in vigore del Piano Paesaggistico Regionale, anche se momentaneamente limitato alla sola fascia costiera, abbia introdotto una serie di originali e considerevoli innovazioni nelle modalità di gestione del territorio, portando il paesaggio ad essere un elemento irrinunciabile nei processi e nelle logiche di sviluppo territoriale (Scanu, Madau, Mariotti, 2007). Peraltro, identifica la fascia costiera come fulcro principale per lo sviluppo del territorio, andando ad individuare indirizzi specifici atti a garantire un suo corretto sviluppo e in particolar modo la sua salvaguardia, tramite una corretta pianificazione pur mantenendo la capacità di attrazione a livello turistico (Brundu, Manca, 2016).

Figura 5 – Trasformazioni del litorale di Platamona dovute agli insediamenti turistici tra il 1954 e il 2016

È infatti da rilevare come a seguito all’approvazione del PPR e dei piani urbanistici che ne sono derivati, ci sia stata una decisa inversione di rotta rispetto al passato e in molte località si sia dato avvio allo sviluppo di un turismo “maturo” basato sui nuovi canoni interpretativi del prodotto turistico, incentrati sulla destagionalizzazione e diversificazione del prodotto attraverso l’implementazione della competitività, accompagnati da un’offerta insediativa ed infrastrutturale tesa a esaltare i caratteri paesaggistici, da valorizzare per innalzarne l’attrattività. Nell’esame degli esempi riferiti al territorio Nord occidentale della Sardegna, l’arco temporale considerato consente quindi di ricostruire la conformazione territoriale negli anni ’50 e la sua evoluzione relativamente alla trasformazione urbanistica e paesaggistica avvenute di recente nella fascia costiera. L’analisi è stata effettuata utilizzando le immagini aerofotografiche di cui si è detto, elaborate in ambiente GIS.

Figura 6 – Confronto tra le variazioni di uso del suolo del 1954 e del 2016

La risultanza dell’indagine è riportata nella figura 6. Si tratta di una visione da considerare volutamente sintetica, tesa solamente a evidenziare delle macro-trasformazioni e osservare l’entità delle superfici chiamate in causa, sia pure solo come ordine di grandezza e al solo fine di documentare numericamente le problematiche trasformatrici dei litorali sardi a causa delle politiche turistiche della seconda metà del secolo scorso, di cui si è finora discusso. Le tre aree esaminate corrispondono alle località dove il fenomeno turistico, nella Sardegna nord-occidentale, ha provocato maggiori impatti. L’analisi ha considerato delle macro – categorie di uso del suolo: aree agricole, litorali (di cui si sono rilevati anche gli incrementi e le erosioni), pinete-retrodune-promontori-scogliere (ovvero fasce costiere), aree urbanizzate, stagni.

La lettura delle immagini consente il raffronto diretto tra situazione ex ante (colonna di sinistra) e situazione ex post (colonna di destra), mentre il colore rosso utilizzato per identificare l’urbanizzazione, fornisce subito l’entità della differenza, il cui dettaglio è poi riportato nel quadro di sintesi in appresso[34]. Emerge, in tutte e tre le situazioni, l’ampiezza delle trasformazioni e la prossimità delle stesse alla linea costiera, nonché le aree in cui sono in corso attività geomorfologiche, ad Alghero e lungo il litorale di Sassari – Sorso probabilmente derivanti dalle modifiche della dinamica costiera indotte dalla costruzione (Di Gregorio et al., 2004).

Tabella 2 – Quadro delle variazioni, espresse in ha, tra le superfici dei diversi usi del suolo tra il 1954 e 2016

Uso Suolo Aree analizzate 1954 Aree analizzate 2016 Variazioni
Alghero Stintino Sassari – Sorso Totali Alghero Stintino Sassari – Sorso Totali Alghero Stintino Sassari – Sorso Totali
Agricolo 602 1.626 1.517 3.745 474 1.439 1.165 3.078 -128 -187 -352 -667
Insediativo 56 15 15 87 189 297 445 931 133 282 430 844
Pinetta, retro duna, promontori, scogliera 19 455 178 651 15 360 101 475 -4 -94 -77 -175
Litorale 13 4 20 37 7 4 17 28 -6 -0 -3 -10
Incremento litorali 2 1 3
Erosione litorali 5 2 6
totali 690 2.100 1.730 4.520 691 2.100 1.730 4.512

Il quadro sopra esposto consente di analizzare nel dettaglio le variazioni di superficie che hanno subito i diversi usi del suolo considerati nel periodo osservato. Dai dati si evince che l’antropizzazione dei territori costieri ha avuto complessivamente un incremento di ben 884 ha, ovviamente a discapito dei territori agricoli che hanno perso 667 ha, accompagnati da un arretramento delle spiagge, che hanno rinunciato a circa 10 ha di arenile, e delle aree retrodunali, pinete o promontori con 175 ha in meno; le aree in erosione sono ampie circa 6 ha, in particolare nel territorio di Alghero. Tali dati sono già di per sé indicativi dell’entità trasformatrice che le politiche di sviluppo basate sul turismo hanno provocato lungo le fasce costiere, ma lo sono ancora di più se si osserva quanto era già stato anticipato poco sopra relativamente alla diversa entità con cui tali trasformazioni si verificavano e si considerano i tre casi singolarmente. Se ad Alghero, con 133 ha di incremento corrisponde il dato numericamente meno importante, d’altronde si tratta pur sempre di un’area di espansione di una città di oltre 40.000 abitanti che dal 2012 ha iniziato a crescere arrivando a 44.019 nel 2017 (dati di rilevamento comunale), per cui si può presumibilmente accettare che le dinamiche espansive non siano dovute solo agli insediamenti turistici o alle seconde case di non residenti, ma contemplino anche motivazioni legate alla vera e propria dinamica urbana di espansione naturale, non può non destare sorpresa l’osservazione degli altri due casi. Sono, infatti, la variazione di 430 ha del litorale di Platamona, andati a incrementare il dato originario di 15 ha, in pratica lo stesso valore detenuto da Stintino cresciuto ugualmente tantissimo arrivando a 282 ha, i dati che inducono a ragionare sugli effetti del turismo nelle trasformazioni urbanistico-paesaggistiche dei litorali sardi. Valori sufficienti a denotare la voracità con cui il fenomeno si è manifestato e l’entità degli effetti prodotti.

Con questi ultimi due dati si può anche ragionare sulle problematiche di cui si è inizialmente dibattuto sotto il profilo teorico a proposito di trasformazioni e tutela del paesaggio e delle preoccupazioni in merito alla tutela del territorio e al consumo di suolo espresse da più parti.

A sollievo di tali rivendicazioni si può dire che gli effetti dell’adozione degli strumenti urbanistici da parte dei comuni interessati (ad eccezione di Alghero che non ha ancora chiuso l’iter redazionale) in attuazione dei disposti del piano paesaggistico regionale, può ora dare i suoi frutti impedendo ai numeri sopra esposti di crescere ulteriormente, o quantomeno di non subire altre impennate se non a fronte di motivazioni tecnicamente credibili in merito alle esigenze abitative le quali, evidentemente, non possono essere le seconde case dei non residenti, come finora è avvenuto pressoché in tutta la Sardegna costiera.

Ecco quindi come, in maniera diretta, può registrarsi il connubio pianificazione turismo, in una visione che questa volta non sarà riferita all’incremento degli insediamenti residenziali ma, tutt’altro, potrà però essere rivolta alla riqualificazione dell’esistente, proprio in termini paesaggistici, visto che tale attività è quella raccomandata dal PPR ed a cui la Regione contribuisce con i cosiddetti Piani casa concedendo dei premi volumetrici all’esistente a fronte della ristrutturazione a condizione che le abitazioni non ricadano in aree vincolate.

Conclusioni

Il lavoro parte da alcune considerazioni di fondo che riflettono come il turismo e la sua evoluzione della Sardegna Nord Occidentale sia un fattore condizionante per la storia del fenomeno. L’attenzione si è concentrata sul confronto con le politiche territoriali che sempre più risentono e devono porsi in relazione con i cambiamenti dovuti al turismo e ai fenomeni sociali ed economici che ne derivano. Si è inteso proporre alcune riflessioni a partire da una considerazione che può apparire scontata: il turismo in Sardegna in generale e, nel nostro caso, nell’area Nord Occidentale è ancora oggi incentrato prevalentemente sul turismo balneare. Prioritariamente si è ritenuto necessario ripercorrere le tappe storiche e le fasi del peculiare sviluppo nonché fare una sintetica analisi della sua evoluzione finalizzata a porre in rilievo gli impatti che lo stesso ha determinato sulla realtà economica, sociale e ambientale del territorio. Descriverne e analizzarne gli aspetti racconta non solo la storia di un’epoca ma anche la trasformazione radicale di una società che segue e accompagna il fenomeno. Gli impatti di questo sviluppo hanno inciso in maniera determinante sull’evoluzione dell’urbanizzazione e delle trasformazioni del paesaggio in alcuni dei tratti costieri più caratteristici. Vengono a tal fine proposti degli esempi mirati su Alghero, Stintino, Platamona e Castelsardo tendenti a evidenziare, anche in maniera quantitativa, l’entità delle dinamiche trasformatrici e i risultati dei cambiamenti di uso del territorio dovuti al turismo, le cui politiche di sviluppo si sono fondamentalmente basate sull’implementazione degli insediamenti residenziali lungo le coste.

Nel contempo il turismo tradizionalmente balneare ebbe come conseguenza la “stagionalità” e, nella sua evoluzione, le diseconomie che ne derivarono che hanno avuto e hanno un impatto altrettanto rilevante sulla realtà economica e sociale. Ai vari livelli istituzionali per molto tempo si sono predisposte programmazioni, innovative progettualità e risorse finanziarie per promuovere quelle attività finalizzate a “destagionalizzare/allungare la stagione” cercando di eliminare criticità e problematiche come i trasporti, i collegamenti e la mobilità anche interna. In questo contesto è emersa la necessità di riconsiderare le diverse sfide che un territorio deve affrontare per attuare le politiche di sviluppo locale in un contesto di notevole complessità, tra locale e globale e, soprattutto, esplicitare come e in che misura i territori siano in grado valorizzare il loro capitale territoriale creando ed implementando soluzioni originali innovative rivolte a valorizzare “i luoghi” grazie alla loro posizione geografica, al patrimonio culturale, naturalistico e ambientale dimostrando capacità di produrre valore per affrontare le molteplici sfide. Di corollario l’innovazione e la digitalizzazione, nuove frontiere del turismo intelligente (smart), per la scelta di una appropriata ed appagante destinazione, per le policy connesse alla valorizzazione delle peculiarità del territorio e del suo patrimonio.

Declaration

Il lavoro è risultato della collaborazione fra gli autori pur se nella stesura del testo Marina Sechi Nuvole ha curato il paragrafo il n. 2, Salvatore Masia il n. 3, Giampietro Mazza il n. 4 e Gian Luca Scanu il n. 5. La premessa, le conclusioni e la ricerca bibliografica sono comuni.

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Sechi Nuvole M., Masia S., Mazza G. et al. (2021) Tourism between Tradition, Sustainability, and Innovation in North-Western Sardinia. EATSJ - Euro-Asia Tourism Studies Journal, Vol.2021, ( Special Issue in Italian ). https://doi.org/10.58345/UEXK2090.

Received: | Accepted: | Published online: 28 November 2021
Volume: 2021 | Issue: Special Issue in Italian |

DOI: https://doi.org/10.58345/UEXK2090

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Authors


MS

Marina Sechi Nuvole (Corresponding author)
Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università di Sassari (Italy)


SM

Salvatore Masia
Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università di Sassari (Italy)


GM

Gian Pietro Mazza
Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università di Sassari (Italy)


GS

Gian Luca Scanu
Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università di Sassari (Italy)

Tourism between Tradition, Sustainability, and Innovation in North-Western Sardinia by Marina Sechi Nuvole, Salvatore Masia, Gian Pietro Mazza, Gian Luca Scanu is licensed under Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International